Un presidio per Mehdi Zare
Ashkzari - il giovane poco più che trentenne morto in Iran dopo
venti giorni di coma per via delle torture subite in carcere -
ma anche "per tutti gli altri morti, arrestati e torturati dal
regime iraniano". A Bologna in piazza del Nettuno sono decine i
giovani che si sono riuniti sotto lo slogan "Donna, Vita,
Libertà" (lo stesso che anima le rivolte di Teheran e di tante
altre piazze del mondo ormai da mesi). Questa volta, accanto
allo striscione posato a terra, c'è una foto di Mehdi, che a
Bologna studiò Farmacia all'università, lavorando poi per una
pizzeria d'asporto della zona universitaria.
Accanto alla sua foto ci sono ceste di banane e mandarini, in
Iran simbolo di lutto. "Non è mio figlio, ma è mio figlio", ha
detto lo scrittore e artista bolognese Alessandro Bergonzoni.
"Non si può accettare di trattare con Paesi di questo genere -
ha aggiunto - la politica deve fare un passo avanti, perché quei
ragazzi chiedono diritti base. Impariamo a piangere coi loro
occhi".
Presente anche Rita Monticelli, docente Unibo del master
frequentato da Patrick Zaki e consigliera comunale di Bologna
che ha auspicato un impegno "non solo simbolico, ma anche
politico, umano e fattivo" per la difesa dei diritti umani in
Iran. "Il nostro appello alle autorità iraniane è di sospendere
subito la pena di morte e di rilasciare tutti i prigionieri
politici", ha aggiunto Franca Menneas di Amnesty International.
Era presente anche il rettore dell'Università di Bologna
Giovanni Molari, per portare il sostegno dell'Università "a
Mehdi, che è stato un nostro studente, ma anche a tutti gli
studenti che stanno lottando in Iran". È stato contestato da
alcuni oratori e giovani presenti: "L'Università di Bologna -
hanno accusato - non ha fatto niente, nonostante più volte
abbiamo chiesto incontri perché si prendesse una posizione
chiara sull'Iran".
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