Le cooperative sociali dell'Emilia-Romagna lanciano un "grido d'allarme" rispetto alla tenuta dei servizi pubblici che garantiscono: dalle Case residenza anziani (Cra) ai centri socioriabilitativi per disabili. La richiesta rivolta alla Regione, presentata questa mattina da Legacoop sociali, Confcooperative Federsolidarietà e Agci in una conferenza stampa al Palazzo della Cooperazione a Bologna, riguarda la richiesta di un adeguamento tariffario riferito ai servizi accreditati. Si tratta, infatti, del 65% dei servizi erogati sul territorio dalle cooperative che ora, a causa dell'aumento dei costi energetici e del progressivo invecchiamento della popolazione, rischiano un disavanzo di 74 milioni di euro nel 2023.
Il rischio è che molte cooperative siano costrette a chiudere e a farne le spese sarebbero principalmente le persone non autosufficienti. Un problema da risolvere con urgenza: venerdì l'assessore emiliano-romagnolo al Welfare, Igor Taruffi, ha convocato un tavolo in Regione per discuterne. Si parla di un settore che in Emilia-Romagna coinvolge oltre 840 cooperative, 53mila lavoratori (oltre 30mila nei servizi accreditati) e che genera un fatturato annuo di 2 miliardi e 112 milioni di euro.
Le tre associazioni di cooperative ricevono già dei fondi regionali per garantire il servizio, ma spiegano che non sono più sufficienti. Come non è più sufficiente anche il contributo straordinario di 3 euro pro capite pro die riconosciuto da viale Aldo Moro nel 2022.
"Dal 2009, quando ha preso avvio l'accreditamento, il costo di produzione dei servizi è aumentato - ha detto Antonio Buzzi, presidente di Confcooperative Fersolidarietà Emilia-Romagna - E rispetto a questo aumento non si sono registrati aumenti analoghi da parte della pubblica amministrazione. Ogni giorno il costo complessivo per un una giornata in Cra è di circa 120 euro pro capite pro di, ma oggi riceviamo 109 euro e le cooperative chiudono in perdita da anni".
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