"Giovanni Padovani ha atteso ben sei mesi prima di rispondere ai pubblici ministeri e ha fatto ciò che ci aspettavamo, accusando più o meno velatamente Alessandra di avere con il suo comportamento 'causato' il proprio omicidio. Si tratta di una impostazione inaccettabile, mostruosa e che non merita ulteriori commenti". Lo dicono gli avvocati Chiara Rinaldi e Antonio Petroncini, che assistono i familiari di Alessandra Matteuzzi, 56enne uccisa il 23 agosto sotto casa dall'ex fidanzato: il 3 maggio è fissato l'avvio del processo in Corte di assise per omicidio aggravato da premeditazione, futili motivi, legame affettivo e stalking.
"Quanto alla salute mentale di Padovani che, a suo dire, sarebbe peggiorata in quest'ultimo periodo - aggiungono i legali - la circostanza non ha alcuna attinenza con la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Non stupisce che l'assassino di Alessandra anticipi anche sulla stampa le proprie intenzioni difensive, tra cui quella di porre in dubbio la propria imputabilità. Gli atti del procedimento con tutti gli elementi raccolti dalle indagini dei Pubblici ministeri e della Squadra mobile della Questura di Bologna consentiranno, al processo, di smentire tutte le affermazioni di Padovani.
Attendiamo, quindi, l'oramai prossimo processo, unica sede adeguata per fare giustizia, per rendere giustizia ad Alessandra".
"Padovani non accusa nessuno e non cerca scorciatoie; quando i pubblici ministeri lo hanno chiamato, ha risposto, rendendo utilizzabile il verbale che rese senza difensore appena tre ore dopo il fatto", replica l'avvocato Gabriele Bordoni, difensore di Giovanni Padovani. "Quanto alla sua salute mentale di ora e di allora, emerge bene da tutte le carte: l'atrocità di un gesto non è ostativa alla ricerca di tutte le condizioni che lo hanno determinato", continua Bordoni.
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