Giuseppe Cappello avrebbe ucciso Kristina Gallo perché per lui era diventato impossibile "mantenere in piedi il castello di menzogne che aveva costruito". In altre parole, perché "non è riuscito a mantenere il controllo delle due vite parallele che conduceva". Secondo i carabinieri è questo il movente del presunto femminicidio della giovane, trovata il 26 marzo 2019 nel suo appartamento, nuda e con le gambe sotto al letto. Il "perché" del delitto è nelle 90 pagine di informativa del nucleo investigativo, che accusano il 44enne di aver assassinato la giovane donna con cui aveva una relazione, all'insaputa della compagna. Il caso inizialmente archiviato nel 2019 come morte naturale, è stato riaperto da successive indagini che hanno portato all'arresto di Cappello, a luglio 2022. Nel frattempo è stato chiesto il rinvio a giudizio per omicidio aggravato dallo stalking e il 4 aprile, davanti al Gup, saranno ascoltati tutti i consulenti medico-legali che si sono occupati della vicenda: cruciale è infatti capire come sia morta la 27enne, con tre perizie che non hanno fatta chiarezza, mentre per la Procura Cappello l'avrebbe asfissiata, all'apice di una colluttazione.
Lui si è sempre proclamato innocente. Gli investigatori dell'Arma hanno ricostruito la relazione tra i due e come nel corso degli anni Kristina sia stata "minacciata, picchiata e soggiogata" da Cappello "che l'ha trascinata in un baratro di ozio, droga e isolamento". "A causa di Cappello e della sua gelosia ossessiva - scrivono i carabinieri - aveva perso il lavoro, non aveva amicizie, e si era allontanata dalla sua famiglia e persino dalla figlia di soli sette anni".
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