Il 18 dicembre i difensori dei
familiari di Hafedh Chouchane, tunisino, uno degli otto detenuti
morti a marzo 2020, quando scoppiò una rivolta nel carcere di
Modena, hanno depositato alla Corte di Strasburgo la memoria di
replica alle osservazioni del governo italiano. La professoressa
Barbara Randazzo e l'avvocato Luca Sebastiani, che assistono
padre e fratello della vittima, contestano la "sommaria e
superficiale ricostruzione dei fatti e l'invocazione del
principio giurisprudenziale del cosiddetto rischio eccentrico,
che manderebbe esente da responsabilità lo Stato allorché la
vittima si sia volontariamente messa in situazione di pericolo".
Alla Corte europea dei diritti dell'uomo era stato presentato
il ricorso contro l'archiviazione dell'inchiesta a Modena. Il
Governo allora aveva inviato osservazioni, sostenendo che
Chouchane è morto perché partecipò alla rivolta, rubò e assunse
volontariamente il metadone. Inoltre non sarebbe stato possibile
soccorrerlo più tempestivamente proprio a causa dei disordini in
corso e non sono state riscontrate negligenze nel modo in cui
erano conservate le sostanze (metadone e psicofarmaci).
Secondo i difensori dei familiari, "il governo italiano,
appiattito sulle risultanze processuali interne, si era infatti
limitato a eccepire l'inammissibilità del ricorso per tardività
e per mancato previo esaurimento dei rimedi interni, senza
rispondere alle domande formulate dalla Corte sul merito delle
violazioni lamentate dai ricorrenti e in particolare:
dell'articolo 2 Cedu (diritto alla vita), sia sotto il profilo
sostanziale che procedurale (inadeguatezza e ineffettività delle
indagini svolte), dell'articolo 3, divieto di trattamenti
inumani e degradanti, dell'articolo 13 (diritto ad un rimedio
interno effettivo).
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