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Giorgio Diritti, in futuro racconterò contemporaneità e giovani

Giorgio Diritti, in futuro racconterò contemporaneità e giovani

"Nei miei film c'è la solitudine del singolo dentro la Storia"

ROMA, 05 dicembre 2024, 17:34

Redazione ANSA

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(di Francesco Gallo) "Una retrospettiva su di me? È un piacere vedere che i lavori fatti negli anni hanno ancora qualcosa da dire, hanno un senso, un valore che viene loro riconosciuto". Così all'ANSA Giorgio Diritti che avrà alla 23/a edizione del Festival del Cinema di Porretta Terme, dal 7 al 15 dicembre, la sua prima retrospettiva con la proiezione di cinque titoli: L'uomo che verrà (2009), Lubo (2023), Volevo nascondermi (2020), Un giorno devi andare (2013) e Il vento fa il suo giro (2005).
    Cosa c'è in queste sue opere? "Sicuramente la voglia di porre in evidenza alcune dinamiche e poi una particolare attenzione anche ai limiti umani, alla dimensione di fragilità che c'è in ogni uomo. E ancora c'è attenzione ai minori, non solo i bambini, ma anche ai fragili come Antonio Ligabue che era pur sempre un bambino anche se cresciuto", aggiunge riferendosi al film Volevo Nascondermi.
    Quanto è forte nei suoi film l'idea del singolo? "È lo specchio della nostra identità. Siamo in tanti in questo mondo, ma poi alla fine siamo anche molto soli e sempre alla ricerca di un abbraccio, di essere riconosciuti e amati. L'anima del mio fare cinema è tutta qui: il singolo che si deve confrontare con le sue relazioni e con la storia con la S maiuscola".
    Il suo prossimo film? "Tra i vari progetti c'è quello di farne uno sulla contemporaneità. Voglio dare uno sguardo al mondo delle nuove generazioni e al loro approccio con il lavoro, con le loro aspettative e i sogni. Sono, ad esempio, davvero molto stupito di come i giovani oggi siano consapevoli di esistere solo se sono sui social e di come si identifichino esclusivamente su come si appare e non come si è davvero. Certo è un'impresa non semplice fare un film su queste cose perché implica il rischio di cadere facilmente negli stereotipi".
    Un film che avrebbe voluto fare? "Ce n'è più di uno. Sono tanti gli autori a cui ho guardato.
    Penso ad esempio a Krzysztof Kieślowski, a Bertolucci e sicuramente a Federico Fellini. Amarcord è allo stesso tempo poesia, ironia e cinema popolare, mai intellettuale ma straordinariamente comunicativo e divertentissimo".
    Il cinema del futuro? "Oggi ci sono tanti film e tante serie che sono di 'intrattenimento', un termine che trovo terribile perché trasforma lo spettatore in ascoltatore passivo, gli toglie dignità. Una cosa che rischia di rendere tutto molto stereotipato e americanizzato. Nonostante questo credo comunque che il cinema avrà sempre la sua potenzialità, il suo valore, lo stesso che hanno, a livello psichico, i sogni".
    Infine, tornando al Festival del Cinema di Porretta Terme diretto da Luca Elmi, la locandina quest'anno ritrae uno dei protagonisti dell'edizione: Glauber Rocha. In occasione del 60/o anniversario del suo film più rappresentativo, Il dio nero e il diavolo biondo, il festival dedica al regista tra i più influenti della storia del cinema brasiliano e figura chiave del Cinema Novo una sezione ad hoc, con la proiezione di due dei suoi film più significativi.
   

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