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Lo zio dell'aggressore del Riminese: "Non era un terrorista"

Lo zio dell'aggressore del Riminese: "Non era un terrorista"

I parenti: "Chiediamo perdono alle vittime, vogliamo capire"

RIMINI, 04 gennaio 2025, 13:52

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Mio nipote non era un terrorista, non era radicalizzato, non apparteneva ad alcun gruppo. Lui era estraneo a certi ambienti". Samir Mahmud Alfar, ha solo 28 anni, ed è il fratello della mamma di Muhammad Abdallah Abd Hamid Sitta, l'egiziano 23enne che la notte di Capodanno ha accoltellato quatto persone prima di essere fermato dai carabinieri, ucciso da colpi di pistola sparati dal comandante della stazione di Verucchio (Rimini).
    Grazie all'interessamento di alcuni connazionali a Roma, si è rivolto all'avvocato Alvaro Rinaldi. Come riportano i quotidiani locali i parenti del 23enne si dicono dispiaciuti "per quanto accaduto e la nostra solidarietà va alle vittime di mio nipote, ci dispiace se ha fatto del male a quelle persone e a quei ragazzi come lui. Chiediamo perdono per lui che ora non c'è più.
    Noi vogliamo solo sapere cosa è successo e come sono andate le cose". Anche il cugino di Muhammad ha detto di voler capire perché il parente è stato ucciso "non si poteva evitare di sparare? - ha chiesto -. Vogliamo giustizia".
    Vorrebbero riportare in patria la salma del 23enne per consentire alla sorella di "darne una degna sepoltura. Mio cognato - ha raccontato - il padre di Muhammad, non sta bene, si doveva operare e quando ha saputo che il figlio era morto si è sentito male". Quindi è toccato allo zio materno fare il possibile per riavere il corpo di Muhammad che al momento è ancora a disposizione della magistratura visto che giovedì è stata eseguita l'autopsia.
    Un accertamento irripetibile che la Procura della Repubblica ha disposto e la dottoressa Donatella Fedeli ha eseguito alla presenza del consulente di parte, il dottor Paolo Balli, nominato dall'avvocato Tommaso Borghesi, legale della difesa del luogotenente Luciano Masini. Se vi fosse stato il tempo probabilmente anche i genitori di Muhammad avrebbero nominato un loro consulente. "Si sono rivolti a me ieri (giovedì, ndr) ma l'incarico non è ancora perfezionato - ha spiegato l'avvocato Rinaldi - perché devono arrivare dei documenti dal Consolato d'Egitto che dimostri l'effettiva parentela. Hanno chiesto di avere la possibilità di portare in Patria il congiunto e senza alcuna voglia di rivalsa o di vendetta hanno solo chiesto di poter avere dei chiarimenti sull'accaduto".
   

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