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Uccise la moglie e la figlia di lei, per i giudici: 'I motivi sono umanamente comprensibili'

Uccise la moglie e la figlia di lei, per i giudici: 'I motivi sono umanamente comprensibili'

La Corte motiva così la pena a 30 anni e non all'ergastolo: le attenuanti sono equivalenti alle aggravanti. E' polemica. Roccella: "Nella sentenza di Modena ci sono elementi preoccupanti"

BOLOGNA, 13 gennaio 2025, 18:01

di Tommaso Romanin

ANSACheck
Uccise 2 donne, giudici  'motivi umanamente comprensibili ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uccise 2 donne, giudici 'motivi umanamente comprensibili ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un doppio femminicidio, madre e figlia assassinate a fucilate, punito non con l'ergastolo chiesto dall'accusa ma con 30 anni di reclusione.

   La decisione è del 9 ottobre e la sentenza depositata nei giorni scorsi fa discutere: l'imputato, Salvatore Montefusco, avrebbe agito spinto da motivi che, per la Corte di assise di Modena, sono umanamente comprensibili e per questo la sua condotta va sanzionata con una pena minore. Testualmente: le attenuanti generiche vanno considerate equivalenti alle aggravanti (il risultato è, appunto, il ridimensionamento della sanzione) in ragione "della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l'autore a commettere il fatto reato".

   L'imputato, è l'argomentazione della Corte, "arrivato incensurato a 70 anni non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate" tra gli abitanti della casa dove vivevano "e all'esclusivo fine di difendere e proteggere il proprio figlio e le sue proprietà".

   La reazione dei parenti delle due vittime, Gabriela Trandafir e la figlia Renata, 47 e 22 anni, uccise il 13 ottobre 2022, è quella di chi "naviga in un mare di forte incredulità", dice l'avvocato che li assiste, Barbara Iannuccelli, pronta a dare battaglia in appello.

   Tanti e bipartisan i commenti critici dalla politica. Di "elementi assai discutibili e certamente preoccupanti che, ove consolidati, rischierebbero non solo di produrre un arretramento nell'annosa lotta per fermare i femminicidi e la violenza maschile contro le donne" parla la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella.

   La sentenza, firmata dal presidente estensore Ester Russo, ricostruisce in 213 pagine il processo sul delitto di Cavazzona di Castelfranco Emilia, concludendo per la sussistenza delle aggravanti del rapporto di coniugio e di aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia, ma escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l'aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell'omicidio.

   Assassinio avvenuto e maturato in un contesto di forte conflitto tra Montefusco e le due donne, con denunce reciproche e con l'udienza per la separazione fissata per il giorno dopo.
Secondo i giudici il movente "non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico" sulla casa dove vivevano.

   Ma è piuttosto da riferirsi "alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall'imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell'ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l'abitazione familiare" e con essa anche controllo e cura del figlio.

   Per la Corte è poi "plausibile" che, come riferito da Montefusco, quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa, questo fatto "abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l'arma" a pochi metri di distanza e uccidere le due che "mai e poi mai" secondo quanto affermato dai testimoni sentiti in aula, aveva prima d'allora minacciato di morte.

   La concessione delle generiche considera la confessione, il fatto che l'uomo fosse sostanzialmente incensurato, il corretto contegno processuale e la "situazione che si era creata nell'ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto". Nel giudicare l'equivalenza tra attenuanti e aggravanti non si può non tenere conto, per la Corte, "di tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate" se pure non hanno integrato l'attenuante della provocazione "hanno senz'altro determinato l'abnorme e tuttavia causale reazione dell'imputato". 

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