BRUXELLES - Un sistema di ricollocamenti che non ha mai funzionato e una riforma del sistema d'asilo, cioè del regolamento di Dublino, che non riesce ancora a vedere la luce: questi i due principali nodi ancora irrisolti nei rapporti tra l'Italia e l'Ue sul fronte della crisi dei migranti. Chi ha sostenuto sempre, o quasi, il nostro Paese nella difficile gestione del fenomeno è stata in verità la Commissione europea sia nella persona del suo presidente, Jean-Claude Juncker, che in quella del commissario competente, Dimitris Avramopoulos. Ed anche il presidente del Parlamento, Antonio Tajani, ha fatto finora il possibile per sollecitare l'Ue a dare segnali concreti d'intervento. Il vero 'buco nero' del sistema di sostegno al governo di Roma sono i Paesi membri che, ogni volta che si incontrano, specie nel formato Consiglio interni, non riescono a deliberare azioni tempestive ed efficaci.
Un fenomeno che si è ripetuto anche all'ultimo vertice europeo, quando la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno espresso tutto il loro supporto all'Italia nella battaglia in atto per una maggiore condivisione delle responsabilità . Peccato che nel documento conclusivo del summit non figurasse neanche un'azione concreta destinata ad alleviare almeno un pò l'Italia dal peso della gestione degli arrivi di migranti. Per non parlare dei ferrei controlli alle frontiere di Francia e Austria che le autorità di Parigi e Vienna hanno messo in atto per bloccare il transito di migranti provenienti dall'Italia. O delle critiche che sono piovute sulle nostre autorità , accusate dai partner di incentivare le partenze dalle coste dell'Africa attraverso l'organizzazione dei salvataggi in mare Per convincere i Paesi che si sono mostrati più recalcitranti ad accettare i ricollocamenti - Polonia, Ungheria, Rep.Ceca - la Commissione Ue ha avviato procedure di infrazione, ma da Budapest a Varsavia la risposta è stata di sfida. E sono state sempre le divisioni fra le cancellerie a bloccare la riforma del regolamento di Dublino, ovvero del Sistema europeo d'asilo, che lascia tutto il peso della gestione degli arrivi sulle spalle dei paesi di prima accoglienza.
E sono ancora solo impegni presi sulla carta quelli per i contributi di lungo termine a sostegno della complessa strategia elaborata dal 'ministero degli esteri' europeo guidato da Federica Mogherini per affrontare le cause alla radice dell'immigrazione, fatta di accordi con i paesi di origine e transito per permettere i rimpatri, aiuti al controllo delle frontiere a sud della Libia e strategia di investimenti a lungo termine. Impegni presi solennemente da tutti, ai quali però non sono corrisposti versamenti nel piatto del Fondo per l'Africa.