MADRID - Fanno discutere i respingimenti 'express' messi in atto dalla Spagna dopo l'arrivo a Ceuta di almeno 8.000 migranti - tra cui adolescenti, donne e bambini - in meno di due giorni: secondo gli ultimi dati del ministero dell'Interno iberico, dopo che Madrid ha schierato l'esercito, a meno di tre giorni dai primi ingressi irregolari nell'enclave spagnola in Marocco erano già tornate nel Paese nordafricano più di 5.600 persone, fra quelle mandate via da soldati e agenti di polizia schierati al confine, alle volte con la forza, e quelle che hanno deciso invece di rimpatriare volontariamente dopo essersi trovate senza un posto dove stare.
Intanto, il rafforzamento dei controlli da parte delle guardie marocchine sul proprio lato della frontiera, dopo circa 48 ore di sostanziale passività — in contemporanea ai segnali di forte tensione diplomatica fra Rabat e Madrid —, ha portato a un alleggerimento della pressione migratoria.
E mentre c'è chi elogia la reazione a questa crisi del governo del socialista Pedro Sanchez — lo fanno ad esempio esponenti della destra italiana, che chiedono misure simili in patria —, diverse ong operative in Spagna esprimono "preoccupazione". "Si stanno mandando indietro molte persone in virtù di un accordo tra la Spagna e il Marocco che permette i respingimenti express, contrari al diritto internazionale", denunciano la Commissione spagnola di aiuto al rifugiato e altre organizzazioni. Si riferiscono agli allontanamenti compiuti senza aver prima effettuato procedimenti come l'identificazione delle persone intercettate.
Sia la Corte europea dei diritti dell'uomo sia la Corte Costituzionale spagnola hanno avallato questa forma di espulsione, sempre che sia effettuata in osservanza delle norme internazionali sui diritti umani. Ma esperti in diritto migratorio sostengono che nel caso di Ceuta ciò non sta avvenendo (parte dei respingimenti sono avvenuti senza identificazione e in assenza di un avvocato). "È la conseguenza di basare le politiche migratorie sul controllo e l'esternalizzazione dei confini e non sui diritti umani", dicono le ong. Il ministro dell'Interno Fernando Grande Marlaska aveva dichiarato che i respingimenti si stavano realizzando "secondo le vie legali prestabilite". E a chi chiedeva se misure simili, compresa quella di schierare l'esercito, possono essere adottate anche in Italia, la titolare del Viminale Luciana Lamorgese ha risposto: "Se mi date un consiglio su dove mettere i militari in mare lo accetto. I confini marittimi sono diversi da quelli terrestri".
Intanto autorità e ong si adoperano per prestare assistenza ai migranti rimasti a Ceuta (molti sono minorenni senza accompagnatori): mentre gli under 18 sono stati sistemati in capannoni, altre persone sono rimaste nelle strade della città. "Non siamo né pericolosi né criminali, vogliamo solo lavorare", diceva una di loro all'agenzia di stampa Efe. I servizi sanitari hanno sottoposto i migranti a tamponi rapidi per il Covid, mentre il governo e le regioni si sono riunite per stabilire come gestire l'accoglienza delle persone rimaste in territorio spagnolo.
La crisi di Ceuta non ha precedenti. Mai prima d'ora la Spagna aveva dovuto gestire un così alto numero di migranti arrivati tutti insieme in un territorio che non supera gli 85mila abitanti dopo aver superato irregolarmente un confine di solito blindato soprattutto dal lato marocchino. A innescare gli arrivi sono state le guardie di frontiera di Rabat che hanno smesso di pattugliare. E così sempre più persone sono riuscite a superare le barriere che dividono le spiagge di Ceuta da quelle marocchine. Lo hanno fatto in tutti i modi possibili: a nuoto, in canotto o arrampicandosi sulle scogliere che segnano il confine tra i due Paesi.
"In Marocco non c'è lavoro", hanno detto molti di loro ai media locali. Un giovane è morto prima di riuscire ad arrivare in territorio spagnolo. Madrid ha risposto con un piano di emergenza: militari schierati nei punti critici, 200 tra poliziotti e agenti della Guardia Civil mandati in rinforzo ed espulsioni immediate.
"È una grave crisi per la Spagna e per l'Europa", ha dichiarato il premier Pedro Sánchez prima di volare personalmente a Ceuta per una visita d'urgenza insieme al ministro dell'Interno Fernando Grande-Marlaska, assicurando che il Paese avrebbe agito "con fermezza di fronte a qualsiasi sfida e circostanza".
L'atteggiamento delle autorità marocchine in realtà non ha colto tutti di sorpresa in Spagna: c'è chi sospetta che si tratti di una ritorsione di Rabat per la decisione di Madrid di consentire il ricovero in un ospedale iberico di Brahim Ghali, leader del Fronte Polisario, il movimento per l'indipendenza del Sahara Occidentale considerato nemico dal Marocco. Ufficialmente il governo Sánchez smentisce legami tra i fatti di Ceuta e il ricovero di Ghali. "Il Marocco è un Paese amico della Spagna e così dovrà essere anche in futuro", ha detto il premier. Ma la risposta marocchina è arrivata dall'ambasciatrice di Rabat a Madrid, Karima Benyaich: "Ci sono atti che comportano delle conseguenze e bisogna accettarle", ha annunciato all'agenzia di stampa Europa Press prima di essere ricevuta a colloquio dalla ministra degli Esteri spagnola, Arancha González Laya. Poco dopo, l'ambasciatrice è stata richiamata in patria per consultazioni.
Da Bruxelles sono stati diversi gli interventi sulla crisi migratoria in corso. "L'Ue è solidale con Ceuta e la Spagna. Abbiamo bisogno di soluzioni europee comuni per gestire le migrazioni. Possiamo raggiungere questo obiettivo se raggiungiamo un accordo sul nuovo Patto sulla migrazione", ha scritto su Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. "Salvare vite umane in mare deve essere una priorità per l'Ue", ha affermato da parte sua il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.
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