BRUXELLES - I meteorologi più accurati l'avevano vista arrivare, perché la bufera scoppiata tra Roma e Bruxelles non è un evento improvviso ma il frutto di tante piccole perturbazioni che si andavano accumulando da circa un anno e che alla fine hanno dato vita alla tempesta perfetta. La goccia che ha portato al tracollo del vaso è stata la vicenda del salvataggio delle quattro banche, ma all'Italia era già andata di traverso l'apertura della procedura sulle impronte ai migranti e i sospetti di aiuti di Stato sull'Ilva. Senza contare l'incognita sull'ok alla flessibilità 2016, tutt'altro che scontata e che andrebbe a toccare nel vivo la legge di stabilità. E' anche per questo che nel vertice europeo di dicembre il premier Matteo Renzi è andato all'attacco contro la Ue a guida solo tedesca. Ma evidentemente Juncker, già risentito dalle accuse di guidare una banda di burocrati, era pronto a raccogliere la sfida.
Al salvataggio di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa Ferrara e CariChieti è seguito uno scambio di accuse molto duro: per Renzi è stata l'Ue a imporre il metodo doloroso, per Bruxelles l'Italia è stata la sola causa del suo male e non c'erano molte alternative all'interno delle regole. Ma al Governo pesava già la chiusura dell'Ue sul fronte 'bad bank', uno strumento che avrebbe potuto aiutare le banche prima che arrivassero al collasso. Perché quando si tratta di aiuto e solidarietà, secondo l'Italia Bruxelles non fa molto: aprire la procedura per la mancata registrazione delle impronte ai migranti è stato visto come un vero e proprio affronto, dopo gli sforzi a cui è chiamata da anni per gestire da sola i flussi che giocoforza sbarcano sulle sue coste.
Di certo non ha aiutato il clima di confronto il 'no' di Roma al rinnovo delle sanzioni alla Russia, così come l'attuale veto sui tre miliardi alla Turchia per gestire i migranti, che la vede sola contro tutti. E nessuno sembra vederne le ragioni. A dare la misura dello scontro, che si muove anche sottotraccia, giova ricordare anche la vicenda dell'unico membro italiano del gabinetto Juncker fatto fuori di recente e soppiantato da un inglese. Del resto Renzi non ha mai nascosto l'insofferenza crescente verso l'Europa dei burocrati: "A volte ci sono delle riunioni, certi momenti in cui persino Adenauer e De Gasperi diventerebbero euroscettici", disse uscendo da un vertice europeo di fine 2014. Poco dopo, in una circostanza simile, ribadiva: "Parole, parole parole...".
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