BRUXELLES - In Italia oltre un cittadino su dieci (12,2%) è a rischio povertà nonostante abbia un lavoro, una delle percentuali più alte dell'Unione europea. E' quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati da Eurostat, secondo i quali dal 2008 al 2018 il tasso di lavoratori a rischio povertà è salito dall'8,6% al 9,5%, con percentuali più alte fra gli uomini (9,9%) rispetto alle donne (9,1%). Chi ha un contratto part-time ha il doppio delle possibilità di trovarsi in condizioni di povertà (15,7%) rispetto agli impiegati a tempo pieno (7,8%). Mentre i lavoratori con contratto a tempo determinato corrono un rischio tre volte più alto (16,2%) di chi ne ha uno a tempo indeterminato (6,1%). Importanti differenze si registrano fra i Paesi: le percentuali più alte sono in Romania (15,3%), Lussemburgo (13,5%) e Spagna (12,9%). L'Italia è quarta con il 12,2% e, dopo il Lussemburgo (+4,1%), ha visto l'aumento più alto dal 2008 (+3,2%). In base ai dati forniti dalla Confederazione europea dei sindacati (Etuc), l'Italia è anche fra i sei Paesi Ue dove lo stipendio medio dei lavoratori è diminuito in un decennio. Secondo Etuc, il 'pacchetto retributivo' (composto dallo stipendio e dai benefit) dei lavoratori italiani, fatti i dovuti aggiustamenti legati all'inflazione, nel 2019 è calato del 2% rispetto al 2010. Oltre che in Italia, il taglio si è registrato anche in Grecia (-15%), Cipro (-7%), Croazia (-5%), Spagna e Portogallo (-4%).
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