La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, in un'intervista in esclusiva all'ANSA, rilancia sul Green deal e indica NextGenerationEU come un vero e proprio "piano Marshall verde", dalle "opportunità economiche gigantesche". La leader riconosce al Pnrr italiano "un'autentica anima green", invitando ad attuare "le riforme e gli investimenti" previsti, ed apre alla riflessione sullo scorporo degli investimenti verdi dal Patto di stabilità. Quanto alle conseguenze sociali, assicura: "Nessuno sarà lasciato indietro".
È soddisfatta dal piano di ripresa italiano per quanto riguarda la priorità verde? Quali sono gli aspetti che avrebbe voluto vedere maggiormente sviluppati dall'Italia?
"Sì, il piano di ripresa e resilienza dell'Italia ha un'autentica anima verde. Il 37 % di NextGenerationEU Italia sosterrà la transizione verde. Questa quota comprende ad esempio gli investimenti in opere di efficienza energetica su larga scala, nelle energie rinnovabili o in un'economia più circolare. Uno dei principali punti di forza dell'Italia è la sua natura unica, dalle cime rocciose delle Dolomiti alle azzurre acque della Sicilia. Ma purtroppo ogni giorno constatiamo che i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia diretta per la natura. A questo proposito esprimo la mia solidarietà con la popolazione della Sardegna, per gli incendi boschivi di un’entità mai vista prima. Sono quindi lieta che il piano di rilancio dell'Italia preveda anche investimenti nel rimboschimento e nella protezione degli habitat marini. Ma adesso gli investimenti e le riforme previste dal piano devono trasformarsi in realtà. Con NextGenerationEU investiamo nella nostra natura e nel futuro della nostra economia. Oltre 500 miliardi di euro saranno destinati a progetti verdi e digitali in tutta Europa. A questo importo vanno poi aggiunti gli investimenti nazionali e privati. E' un autentico piano Marshall verde, che farà sorgere nuovi mercati e spalancherà gigantesche opportunità economiche. Possiamo fare in modo che i nostri figli abbiano posti di lavoro di qualità e ben retribuiti, in una misura oggi nemmeno immaginabile. E' una formidabile opportunità per l'Europa e per l'Italia".
Ritiene che l'esclusione degli investimenti verdi dal patto di stabilità e crescita (quando sarà nuovamente in vigore) possa incentivare le economie europee nella transizione verde? Pensa che una simile misura sia possibile?
"Abbiamo intenzione di rilanciare il dibattito pubblico sul quadro di governance economica in autunno, una volta che la ripresa si sarà consolidata. Già nel febbraio 2020, quando avviammo una riflessione sul futuro del patto di stabilità e crescita, una delle questioni sul tavolo riguardava il modo in cui promuovere gli investimenti pubblici verdi. Si tratta infatti di un elemento essenziale per il raggiungimento dei nostri obiettivi in materia di clima. Poi scoppiò la pandemia e ci costrinse a sospendere temporaneamente tale dibattito sul futuro del patto di stabilità e crescita, ma è evidente che lo sforzo teso a conseguire la neutralità climatica richiede un impegno corale. Avremo dunque bisogno anche di un pieno coinvolgimento del settore finanziario. Ecco perché intendiamo fornire i giusti incentivi al settore privato, stimolare gli investimenti – per esempio mediante le obbligazioni verdi - e aiutare il settore finanziario a diventare più sostenibile".
Le reazioni registrate all'interno dell'UE riguardo al pacchetto della Commissione hanno evidenziato per l’ennesima volta le profonde differenze tra est e ovest. In che modo pensa di appianare tali contrasti?
"In realtà ho l’impressione che sull’azione per il clima le posizioni dei paesi dell'Europa orientale e occidentale si stiano sempre più avvicinando. Questo perché tutti gli europei comprendono la necessità di agire. Gli eventi meteorologici estremi colpiscono tutte le regioni del nostro continente con frequenza maggiore che in passato. Quest'anno abbiamo assistito a una devastante tromba d'aria nella Repubblica ceca, alle inondazioni in Belgio e Germania, ma anche a incendi rovinosi a Cipro e in altri paesi del Sud. La maggior parte degli europei vuole una vita più sana, buoni posti di lavoro e una crescita che non danneggi la nostra natura. Ecco perché tutti i 27 Stati membri e il Parlamento europeo hanno concordato i nostri obiettivi climatici per il 2030 e il 2050. Sono obiettivi vincolanti. Ognuno è chiamato a fare la propria parte e tutti possono beneficiare del Green Deal europeo. Per questo motivo abbiamo proposto un Fondo sociale per il clima, che sosterrà i cittadini dell'Ue più colpiti o a rischio di povertà energetica garantendo che la transizione sia equa e non lasci indietro nessuno. Disporremo di oltre 72 miliardi di euro per aiutare le famiglie a basso reddito a ristrutturare le loro abitazioni, a ottenere sistemi di riscaldamento e raffreddamento più efficienti o ad acquistare automobili più pulite. Laddove necessario il Fondo potrebbe assicurare anche un sostegno al reddito. La rivoluzione climatica avrà successo solo se combineremo i meccanismi dell'economia di mercato con il giusto equilibrio sociale".
L’imposizione di dazi sulle emissioni di carbonio sembra essere uno dei punti più controversi del pacchetto della Commissione. Considerando anche che alcuni Paesi terzi potrebbero decidere di contestare l'Ue al Wto, come conta di convincere gli interlocutori? Avete una tabella di marcia?
"Garantiremo che il meccanismo sia compatibile con le norme dell'Organizzazione mondiale del commercio. La lotta contro i cambiamenti climatici è uno sforzo globale. Se vogliamo fermare il riscaldamento globale, dobbiamo ridurre le emissioni di CO2 non solo in Europa, ma ovunque. Di conseguenza bisogna che il carbonio abbia un prezzo ovunque. L'industria europea e molte imprese italiane stanno facendo ingenti investimenti in tecnologie rispettose del clima. Non sarebbe giusto se i concorrenti dei Paesi terzi minassero tali sforzi invadendo il nostro mercato interno Ue con prodotti a basso costo ed alta intensità di carbonio. Le imprese dei Paesi terzi potranno continuare ad esportare tali prodotti verso l’Ue, ma dovranno pagare un prezzo per il carbonio trasportato in Europa. Se invece i produttori degli altri Paesi entreranno nel nostro mercato con prodotti puliti, non dovranno pagare niente. Considero il meccanismo di adeguamento alle frontiere un invito ai Paesi terzi a fissare a loro volta un prezzo per il carbonio ed a investire in una produzione rispettosa del clima. L'obiettivo è fare sì che col tempo anche il resto del mondo si muova verso una riduzione delle emissioni di CO2".
È delusa dal fatto che la Cina e l'India non si siano pienamente impegnate a favore dell'azione per il clima in occasione del G20 di Napoli? A suo parere, che tipo di messaggio è stato inviato?
"Un cambiamento è urgentemente necessario. Ma dobbiamo anche tenere conto di tutto quello che abbiamo realizzato negli ultimi due anni. Solo un anno fa era ancora in carica un'amministrazione americana che non intendeva fare praticamente nulla per la protezione del clima. Ora gli Stati Uniti si sono nuovamente allineati con noi. Negli ultimi mesi molti importanti Paesi industrializzati si sono impegnati a raggiungere l'obiettivo della neutralità climatica e hanno fissato date concrete. Imprese di rilevanza mondiale hanno annunciato miliardi di investimenti in produzioni e prodotti rispettosi del clima. Tutto ciò va nella giusta direzione. Ma naturalmente dobbiamo continuare ad agire con decisione. L'accordo di Parigi è la nostra bussola. Gli obiettivi climatici sono un’ottima cosa, ma adesso servono misure concrete per attuarli. In occasione della riunione del G20 la Commissione ha cooperato intensamente con tutti i nostri partner dell'UE e internazionali per intensificare lo slancio in vista della COP 26 in programma a Glasgow. In ottobre, quando i leader del G20 si riuniranno per il nostro vertice, avremo un'ulteriore opportunità per portare avanti la nostra azione collettiva. Siate certi di poter contare sul mio impegno in tal senso".
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