"Esplorare", "esaminare", "proporre". Attorno a queste tre parole, nell'ultimo Consiglio europeo con Mario Draghi alla guida del governo, si consumerà il nuovo scontro in Europa sull'energia. L'ultima bozza delle conclusioni certifica un'intesa dei leader nell'esaminare - e non più esplorare come nella versione iniziale - il price cap dinamico temporaneo proposto dalla Commissione. Il testo, da qui alle prossime ore, potrebbe cambiare nuovamente. L'Italia vuole che il vertice dia un mandato chiaro, una "proposta" appunto, alla Commissione sul tetto del gas. Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Irlanda, Austria e Ungheria, sul price cap, che sia rigido dinamico o temporaneo, continuano ad avere più di una riserva. E sul gas è entrato in crisi perfino l'asse portante dell'architettura europea, quello tra Parigi e Berlino.
Il vertice dei 27 inizierà giovedì ad ora di pranzo subito sul punto dell'energia. Non è pronosticabile quando i leader si augureranno la buona notte. Si parte, ancora una volta, da posizioni lontane. Olaf Scholz e Mark Rutte arriveranno a con la convinzione che anche un price cap temporaneo e dinamico sia "controproducente". Il ragionamento dei 'falchi' suona un po' così: se la Commissione entro aprile del 2023 davvero ultimerà un nuovo benchmark complementare al Ttf di Amsterdam un cap nel breve termine non serve. Anzi, rischia di far fuggire i fornitori, verso acquirenti asiatici ad esempio. Il passo per un'emergenza energetica, che a Berlino e l'Aja vedono un po' come il Babau, è troppo breve e troppo rischioso. I nordici, inoltre, sono convinti che con gli stock pieni i prezzi dell'energia sono destinati a scendere almeno fino alla prossima primavera. E l'intesa messa nera su bianco nelle conclusioni a cosa serve? "E' un'intesa a guardare alla misura, non sulla misura", spiega un ambasciatore europeo riassumendo i contorni dello scontro che si profila a Bruxelles.
Anche perché il partito del price cap si presenterà in Belgio agguerrito. "Un gruppo di quindici stati membri è favorevole all'idea proposta dall'Italia d'istituire un 'corridoio dinamico del prezzo, ovvero un tetto al prezzo del gas modulabile intorno ai livelli reali di domanda e offerta. E' essenziale che sia reso subito operativo", ha scandito Draghi nella sua relazione alle Camere prima del Consiglio. I Paesi, spiega una fonte europea, sono in realtà più di 15 ed includono colossi come Spagna, Polonia e soprattutto Francia. Tanto che, sul fronte dell'energia, l'asse tra Parigi e Berlino scricchiola notevolmente e le consultazioni governative franco-tedesche che avrebbero dovuto tenersi mercoledì prossimo a Parigi sono state rinviate a gennaio.
Le posizioni divergono sul 'cap' e su altri dossier dirimenti, che vanno dal Midcat (il gasdotto che Spagna e Germania vogliono costruire ma che vede l'ostruzionismo francese) allo scudo anti-missile che la Germania vuole istituire assieme ad altri 13 membri della Nato e sul quale la Francia, in nome dell'autonomia strategica europea, è fortemente contraria. E poi c'è il tema dello Sure sull'energia, voluto dalla Francia e da una parte della Commissione, caldeggiato dall'Italia e, ancora una volta, osteggiato dai nordici. E il loro muro, affiancato dallo scudo da 200 miliardi messo in campo da Berlino, ha fatto infuriare non solo Draghi ma anche Emmanuel Macron.
Eppure, per Roma fare nuovo debito comune sarebbe necessario, soprattutto se aumenteranno le possibilità di un price cap al gas che forma il prezzo dell'energia: in quel caso, è il ragionamento dell'Italia, il differenziale non può essere a carico degli Stati membri. Il tema di fondo resta quello dello spazio fiscale e del level playing field, che potrebbe essere messo in serio pericolo da interventi messi in campo dai singoli governi dei 27. Charles Michel, in un ultimo appello serale, ha sottolineato che sarebbe "un grosso errore" non restare uniti.
Le premesse non sono delle migliori. E, dulcis in fundo, c'è la variabile Viktor Orban, pronto a dire "no" perfino agli acquisti congiunti di gas.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA