Che fare con l'Ucraina? E' il vero nodo da sciogliere al summit di Vilnius, più precisamente nel linguaggio che si sceglierà di adottare, nero su bianco, nel comunicato finale quando si affronterà il tema delle aspirazioni d'ingresso di Kiev nell'Alleanza Atlantica. La risposta, al momento, non c'è. Si tratta a oltranza. E lo si vede dalle occhiaie degli sherpa. Le posizioni sono ancora distanti. Una quadra la si troverà, ovviamente. Ma tra gli alleati aleggia lo spettro del summit di Bucarest, quando si aprì all'Ucraina senza offrire passi concreti. Quello fu il compromesso. Il timore è di ripetere l'errore: per la paura di fare troppo, far troppo poco.
Intendiamoci, il vertice non ruota solo intorno all'Ucraina. Ci sono i nuovi piani di difesa regionali da approvare, con la disputa tra Grecia e Turchia sul nome da dare agli stretti del Bosforo e dei Dardanelli; chiudere sulle nuove promesse di spesa in difesa a partire dal 2024, con l'impegno "duraturo" a salire ad almeno il 2% (l'accordo è fatto, resta da capire quanto in fretta); l'ingresso della Svezia, superando il veto di Ankara (ci sono spiragli positivi, forse si arriverà a una "dichiarazione politica" che spiani la strada alle ratifiche dei Parlamenti di Turchia e Ungheria). Il primo giorno del vertice sarà più o meno dedicato a questi temi. Poi si allargherà il perimetro. Il secondo giorno è dedicato all'incontro con i partner asiatici - Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud - e l'Ue. E si inaugurerà il Consiglio Nato-Ucraina con la presenza di Volodymyr Zelensky.
Ecco, il pacchetto da offrire a Kiev dovrebbe essere idealmente chiuso entro martedì sera. Ma nessuno esclude che si finisca di limare alle due del mattino. "Si è appena conclusa una feroce battaglia sugli aggettivi: ora siamo passati agli avverbi", confida una fonte diplomatica con una battuta. In realtà il braccio di ferro tra falchi e colombe è ben più sostanziale. C'è chi vuole già esprimere un invito, da far scattare non appena la guerra sarà terminata; chi rimuovere il Map, il percorso di controllo sulle riforme di solito associato all'ingresso nella Nato (ma giudicato superfluo per Svezia e Finlandia); chi spinge per un cronoprogramma.
"Stiamo lavorando, nessuno vuole ripetere Bucarest, ci sarà qualcosa di nuovo", assicura l'ambasciatrice americana alla Nato Julienne Smith, rifiutando però di entrare nello specifico. "Zelensky - dice - potrà andarsene da Vilnius con il sostegno pratico dell'Alleanza". Ma Joe Biden sul punto è stato chiaro: ci sono degli "standard" da rispettare per entrare nella Nato e Kiev deve attuare ancora molte riforme (e pure questo elemento troverà spazio nel comunicato finale). Fonti qualificate assicurano però che "l'invito" e il "cronoprogramma" sono ormai "fuori questione" mentre l'abolizione del Map potrebbe ancora avere una chance.
L'ultimo tema, non secondario, sono le garanzie (o impegni) di sicurezza da dare all'Ucraina. Il dibattito è in corso tra alcune capitali - si fanno i nomi di Parigi, Washington, Londra, Berlino e Roma - ma segue un binario separato rispetto ai negoziati in corso alla Nato. Ogni Paese stringerà accordi bilaterali con Kiev. Ma si parla di una specie di documento ombrello che, a livello politico, li tenga tutti insieme. “È come la fecondazione: ci sono molti spermatozoi, che corrono all’impazzata, e un ovulo", spiega un funzionario. "Noi abbiamo l’Ue, la Nato, il G7 e gli accordi bilaterali da un parte, l’Ucraina dall’altra. Ecco, si tratta di mettere ordine".
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