STRASBURGO - L'Italia è tra i paesi membri del Consiglio d'Europa in cui la legge che protegge dai crimini d'odio non contiene un riferimento all'orientamento sessuale della vittima, come invece succede in 29 altri paesi. Ma ha 3 iniziative che sono indicate come buone pratiche per contrastare i crimini d'odio e gli incidenti motivati dall'odio contro le persone Lgbti.
Una delle iniziative è RE.A.DY - una rete nazionale di amministrazioni pubbliche (comuni, province e regioni) che cooperano per elaborare e attuare politiche e buone prassi contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere della vittima.
È quanto emerge dai rapporti preparati dal comitato per la lotta alla discriminazione, alla diversità e all'inclusione del Consiglio d'Europa che accompagnano 12 raccomandazioni che l'organizzazione paneuropea rivolge agli Stati membri allo scopo di migliorare la lotta contro i crimini d'odio commessi nei confronti delle persone Lgbti, di chi è percepito come tale, ma anche di coloro che li difendono e li sostengono.
Una delle 12 raccomandazioni rivolte agli stati membri è quella di "garantire che la legislazione e le politiche forniscano una definizione standard e accettata di crimine d'odio, elencando e definendo esplicitamente non solo l'orientamento sessuale, ma anche identità di genere, espressione di genere e caratteristiche sessuali tra i motivi di crimine d'odio, alla pari di altre caratteristiche protette come religione o disabilità".
A questo proposito il Consiglio d'Europa sottolinea che "la decisione di includere nella legge queste motivazioni avrà un impatto significativo sulla società, perché invia un segnale forte sulla determinazione del governo a porre fine a tutti i crimini d'odio anti-lgbti, e avrà anche conseguenze sull'efficacia dell'uso e dell'applicazione della legge". Un elenco troppo ristretto di caratteristiche protette rischia di escludere gruppi che sono comunemente vittime di crimini d'odio, osservano a Strasburgo.
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