“La guerra in Nagorno Karabakh è finita, ora si tratta di firmare un trattato di pace” lo spiega all’ANSA l’ambasciatore azero presso l’Ue, Vaqif Sadiqov. L'ultima escalation che ha causato l'esodo della popolazione armena dal Karabakh ha però attirato le critiche della comunità internazionale sulla modalità scelte da Baku, accusata di aver usato le sue forze contro la popolazione civile. Per Sadiqov, che in passato ha servito anche come ambasciatore a Roma, si tratta invece di "una visione distorta delle cose, quando il 19 settembre scorso l’Azerbaigian ha iniziato la sua operazione militare in Karabakh, nella regione erano presenti ancora 10.000 soldati armeni”. Affermazione negata con veemenza da Yerevan che ha più volte sostenuto che nella regione non ci fosse più neanche un soldato armeno, ma solo alcune forze irregolari della autoproclamata repubblica indipendente del Nagorno Karabakh.
“La distinzione tra forze del Karabakh e soldati regolari armeni esiste solo nella testa di Yerevan, le truppe presenti avevano documenti armeni e equipaggiamento e addestramento proveniente dall’esercito regolare della repubblica d’Armenia”, spiega però il diplomatico , “questo in totale violazione degli accordi di cessate il fuoco firmati in seguito alla guerra dei 44 giorni del 2020. Quelle che Baku ha definito come misure anti terrorismo hanno però innescato l'esodo degli armeni dalla regione,"una fuga ingiustificata spiegabile solo con la propaganda e i falsi allarmi di Yerevan" commenta Sadiqov "gli armeni del Karabakh sono benvenuti e possono tornare quando vogliono, anzi io credo che torneranno presto. Sarà loro garantita la sicurezza a la possibilità di vivere in pace ma dovranno accettare le regole e le leggi a cui si sottomettono tutti gli altri abitanti dell’Azerbaigian". Yerevan dovrà però muovere i primi passi "nel permettere agli azeri che erano residenti in Armenia prima del crollo dell'Urss di tornare a vivere in Armenia, si tratta di oltre 200.000 persone che hanno diritto di tornare anche loro nelle loro terre d'origine", aggiunge il diplomatico azero.
Per quel che riguarda il negoziato invece “siamo molto vicini a un trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian e ,se ci sarà impegno da entrambe le parti, è possibile firmarlo già prima della fine dell’anno” spiega Sadiqov. I leader di Armenia e Azerbaigian infatti sono attesi per un nuovo round di negoziati a Bruxelles l’ultima settimana di ottobre. “Siamo grati all’Ue e specialmente a Charles Michel per lo sforzo negoziale messo in campo, la trattativa sta lentamente andando avanti”, spiega Sadiqov. L’ambasciatore sottolinea inoltre come la riunione prevista a Granada del cosiddetto formato pentalaterale, che vedeva oltre a Michel ed alle leadership dei due Paesi anche la presenza del cancelliere Olaf Scholz e del presidente Francese Emmanuel Macron, sia saltata “a causa della presenza del presidente francese che da alcune settimane ha scelto presentarsi come alleato e partner militare dell’Armenia", spiega l'emissario di Baku, secondo cui "non è più possibile dunque considerarlo come un mediatore”. “Il fallimento del formato pentalaterale tuttavia non mette in alcun modo a rischio il negoziato guidato da Michel che anzi può presto arrivare a risultati.", spiega Sadiqov.
Ma le relazioni tra Ue e Baku non si limitano alla mediazione del conflitto del Karabakh, “le nostre scelte in politica estera corrispondono alle grandi sfide che si presentano alla politica estera dell’Ue. Siamo oggi un partner ideale: fornitori di energia e amici di Israele e Ucraina", insiste Sadiqov.
"Anche in materia di scambio economico non siamo solo gas, siamo un partner logistico fondamentale per il collegamento su terra tra Europa e Asia una grande sfida che è al cuore del futuro del commercio internazionale", spiega l'ambasciatore. “A differenza di altri l’Azerbaigian vuole essere amico dell'Ue ma non chiede carità, non siamo in coda con la mano aperta davanti alla porta di Bruxelles. Abbiamo molto da imparare dall’Europa ma abbiamo anche molto da dare" aggiunge Sadiqov.
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