BRUXELLES - I Paesi europei hanno ridotto "sostanzialmente le vendite di antibiotici veterinari", il che si traduce in un minor rischio di resistenza dei batteri nelle persone e negli animali. Sono le conclusioni di uno studio dell'Ema, che indica come, secondo i dati provenienti da 25 Paesi, le vendite complessive di antibiotici veterinari siano diminuite del 53% tra il 2011 e il 2022, raggiungendo il livello più basso mai registrato.
Nello stesso periodo, fa notare l'Agenzia Ue, le vendite per uso veterinario di classi di antibiotici considerate di importanza critica nella medicina umana sono diminuite sensibilmente: le vendite di cefalosporine di terza e quarta generazione sono calate del 49%, quelle di polimixine dell'81%, quelle di fluorochinoloni del 25% e quelle di altri chinoloni del 90%.
I progressi nella lotta all'antibiotico-resistenza in Europa, tuttavia, sono "lenti". Il fenomeno "rimane una sfida", ha concluso in un rapporto specifico il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. L'Italia si conferma agli ultimi posti in Ue per la quota di consumo degli antibiotici del gruppo 'Access', quelli di prima scelta, che secondo l'Oms dovrebbero costituire almeno il 60% dei consumi totali.
Il target Ue al 2030 è del 65%, l'Italia è a poco più del 45%. Il consumo totale di antibiotici è diminuito del 2,5% tra il 2019 e il 2022. Frutto di riduzioni senza precedenti del 2020 e del 2021, influenzate però da un rimbalzo nel 2022. In sostanza, segnala l'Ecdc, si è tornati a livelli simili a quelli precedenti al Covid.
Progressi sono stati fatti su infezioni antibiotico-resistenti da stafilococco (-12,2% tra il 2019 e il 2022, target -15%) e Escherichia coli (-16,8%, superato il target del -10%). Ma è "preoccupante" la situazione delle infezioni da Klebsiella pneumoniae resistente, ha dichiarato la direttrice dell'Ecdc Andrea Ammon, con le infezioni "aumentate di quasi il 50% tra il 2019 e il 2022".
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