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>>>ANSA/Tensione sulle nomine Ue. Tajani, 'Il Ppe apra a Meloni'

>>>ANSA/Tensione sulle nomine Ue. Tajani, 'Il Ppe apra a Meloni'

I socialisti accusano: 'I popolari vogliono tutto'. Trema Costa

BRUXELLES, 18 giugno 2024, 20:46

Redazione ANSA

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(di Michele Esposito) Tatticismi e veleni sulla partita dei top jobs dell'Ue. Il day after la cena informale dei 27, conclusasi con una fumata grigia e una scia di malumori, è segnato dal ritorno della tensione. A duellare, nuovamente, sono i popolari e i socialisti, i due pilastri di una futura maggioranza che, al momento, appare segnata ma non stabilissima.
    La richiesta del Ppe che il mandato del presidente del Consiglio europeo (in quota S&D) si fermi a due anni e mezzo prima di un nuovo negoziato ha indispettito la controparte e seminato più di un dubbio tra i popolari stessi. Il gruppo è tornato a vedersi ma l'arrivo di 14 nuovi eurodeputati ha solo parzialmente mascherato le divergenze sotterranee della formazione guidata da Manfred Weber. Una, innanzitutto: l'apertura a Giorgia Meloni, sulla quale il vice premier Antonio Tajani ha rafforzato il suo pressing.
    Le forze di governo in Germania e Francia "hanno perso le elezioni, non impongano le loro scelte. Bisogna tener conto dell'esito elettorale, serve aprire le porte della maggioranza a Ecr, non ai Verdi", ha sottolineato il vicepremier tornando sul vertice informale di lunedì, dove le riunioni a latere dei negoziatori di Ppe, liberali e socialisti hanno indispettito non solo Meloni. L'atteggiamento della componente popolare è stato "arrogante, vogliono il 75% dei posti col 21% dei voti: devono imparare a fare di conto", ha spiegato una qualificata fonte europea. Un'altra ha raccontato dello "shock" comparso sui volti di oltre una decina di leader per il "tentativo manifesto di isolare Meloni": un tentativo plateale non solo nelle riunioni a porte chiuse, alle quali l'Italia non ha partecipato, ma anche nelle parole tranchant di Donald Tusk e Olaf Scholz sull'estrema destra.
    Il punto è che ci sono due piani di trattativa, uno tra i 27 e uno tra i gruppi politici. E in questo momento i due piani sono difficilmente sovrapponibili. Escludere Meloni, alla guida di un Paese fondatore, dall'approvazione del terzetto ai vertici Ue sarebbe una sgrammaticatura dalle conseguenze imprevedibili.
    Ciò rende poco probabile che quanto visto alla cena informale si ripeta al Consiglio europeo della settimana prossima. E' vero, al tempo stesso, che l'idea che Fdi voti, all'Eurocamera, quello stesso terzetto fa traballare non solo la maggioranza Ursula ma gli stessi popolari. Nei quali, alla linea Tajani, si contrappone quella di Tusk: il premier polacco non vuole avere nulla a che fare con chi co-presiede il gruppo Ecr con il partito arci-nemico del Pis. Ma è il concetto di apertura alle destre che fa tremare la falange popolare, che da un lato ama definirsi "un bastione contro gli estremismi" e dall'altro fa entrare nel gruppo due delegazioni olandesi - Il Nuovo contratto sociale e il Partito degli agricoltori - che proprio con il sovranista Geert Wilders si accingono a governare.
    "Liberali e Verdi hanno perso. Le persone vogliono vedere il cambiamento, un altro volto dell'Europa: è un'Europa di centrodestra per la quale hanno votato", ha sottolineato Weber che sarà incoronato capogruppo, mentre Roberta Metsola sarà ufficialmente candidata alla presidenza dell'Eurocamera. La sua carica dura in teoria 5 anni ma, nella strategia del Ppe, la seconda metà del mandato potrebbe essere oggetto di negoziato con S&D in cambio di un 'midterm' anche per il Consiglio europeo. E sebbene Tusk abbia assicurato che su von der Leyen alla Commissione, Antonio Costa al Consiglio e Kaja Kallas come alto rappresentante l'intesa sia "vicina", sull'ex premier portoghese i dubbi - non solo nel Ppe - continuano a circolare.
    Con l'opzione Enrico Letta non del tutto tramontata.
    Di questo, certamente, parleranno Elly Schlein e la capogruppo di S&D Iratxe Garcia Perez nell'incontro di mercoledì a Bruxelles, nel quale la segretaria dem potrebbe certificare l'appoggio a un bis della spagnola alla testa dei socialisti al Pe. Ursula von der Leyen, in questo contesto, è costretta a muoversi come in una cristalleria. "Il suo nome non è in discussione", ha ricordato Weber. Ma alzando troppo la posta il Ppe potrebbe mettere a rischio anche la sua regina.
   

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