(di Michele Esposito)
Dopo i giorni della tensione
arriva il tempo delle riflessioni nella lunga trattativa per i
vertici europei. Da qui alla metà della prossima settimana
Bruxelles sarà segnata da una serie di scosse politiche di
assestamento, affiancate dai negoziati che, sotterraneamente, la
stessa Ursula von der Leyen cercherà di intavolare con le
singole delegazioni. Gli occhi restano puntati su Giorgia Meloni
e la premier ha dato un primo segnale: stoppando, di fatto, il
potenziale ingresso di Viktor Orban in Ecr. Un'adesione che
avrebbe complicato fatalmente il dialogo tra Fdi e il Ppe,
Lo stop agli orbaniani di Fidesz si è concretizzato in una
duplice mossa. I Conservatori, dominati dalla delegazione
meloniana, hanno prima promosso l'ingresso dei nazionalisti di
Aur (Alleanza per l'unità dei Romeni), detestati da chi, come
Orban, professa il sogno del ritorno della Grande Ungheria
asburgica. Ecr ha inoltre fatto firmare ai romeni una
dichiarazione di sostegno all'Ucraina. Non era scontato, essendo
il leader di Aur, George Simion, sanzionato dall'Ucraina per le
sue affermazioni anti-Kiev. La reazione di Fidesz è stata
veemente. "Non condivideremo mai un gruppo con Aur", ha tuonato
il capodelegazione Mate Kocsis. Parole che però non hanno
allarmato Nicola Procaccini. Oltre a ricordare che Fidesz non è
membro del gruppo il co-presidente di Ecr ha sottolineato che,
se volesse entrare in Ecr, anche Fidesz dovrebbe firmare una
dichiarazione di sostegno a Kiev, che - ha rimarcato - è la
linea dei Conservatori. Lo stop di Orban complica tuttavia i già
non ottimali rapporti tra Fdi e chi sponsorizzava l'ingresso di
Fidesz, i polacchi del Pis. "Meloni vuole il controllo del
gruppo e non tiene conto del parere delle altre delegazioni", ha
attaccato Jacek Saryusz-Wolski, uno dei dirigenti del partito
polacco.
Per Orban restano aperte le porte del gruppo Id mentre
l'orizzonte di un gruppo unico delle destre appare via via più
lontana. I prossimi giorni vedranno nuove battaglie di numeri
tra Ecr, Id e Renew. I Liberali, celebrando l'ingresso
dell'eurodeputato belga di Les Engages, sono saliti a 81 seggi,
contro gli 83 di Ecr, ma nuovi arrivi potrebbero innescare il
contro sorpasso. Meloni, del resto, di fronte alla maggioranza
europeista e Paesi come Francia e Germania, è chiamata ad una
maggiore chiarezza di intenti. Il suo ipotetico e finora
tiepidissimo appoggio a von der Leyen si incrocia con il fatto
che Ecr, nella sua interezza, non voterà in ogni caso la
presidente uscente. Al quartier generale Ue viene inoltre
spiegato con una certa nettezza un punto: un'intesa forte sul
pacchetto dei top jobs Ue ha bisogno del sì di un Paese
fondatore come l'Italia.
Al vertice dei 27 della settimana prossima si potrebbe allora
giocare a carte scoperte. Il terzetto von der Leyen, Antonio
Costa e Kaja Kallas viene giudicato stabile. Ai dubbi sulla
premier estone come Alto Rappresentante (troppo focalizzata sul
dossier russo per alcuni) fa da contraltare il pressing dell'Est
Europa per un ruolo apicale dell'Ue. Pressing che, con
l'olandese Mark Rutte a capo della Nato, è destinato a crescere
anche perché i principali concorrenti a Kallas sono due
personalità del Benelux: il premier uscente Alexander De Croo e
l'ex premier lussemburghese Xavier Bettel. Su Costa i Socialisti
stanno facendo quadrato, sebbene nell'ombra resti sempre valido
un piano B che risponde al nome di Enrico Letta.
Il tema, a quanto si apprende da fonti di S&D è stato sul
tavolo dell'incontro, a porte chiuse, tra Elly Schlein e la
capogruppo socialista Iratxe Garcia Perez. L'incontro sembra
essere servito anche a chiarire che il Pd si appresta a lasciare
la presidenza del gruppo a Psoe. "Presenteremo una candidatura",
si è limitata a spiegare una fonte della delegazione spagnola.
Il Pd, poi, passerà all'incasso. Puntando magari anche alla
presidenza dell'Eurocamera. I Socialisti, soprattutto se il Ppe
insisterà sulla necessità di rinegoziare il presidente del
Consiglio europeo a metà mandato, non hanno alcuna intenzione
infatti di lasciare Roberta Metsola sullo scranno più alto di
Strasburgo per 5 anni.
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