(di Michele Esposito)
Fra una settimana Ursula von der
Leyen potrebbe essere la presidente della Commissione incaricata
della nuova Europa. Ma non avrà superato l'ostacolo principale
per il suo bis, le forche caudine dell'Eurocamera. Con una
maggioranza a quota 398 e i franchi tiratori pronti a far
scattare la loro trappola, la leader tedesca avrà bisogno almeno
dell'appoggio o dei Verdi o di Giorgia Meloni. Con un'appendice
allarmate: il sostegno degli uni o dell'altra è destinato ad
aumentare il dissenso interno a Popolari, Socialisti e Liberali.
La settimana prossima sarà il primo vero snodo per Ursula e
per il Ppe. I giorni che precederanno il vertice Ue di giovedì e
venerdì saranno densi di riunioni, negoziati sotterranei.
Martedì ci sarà la riunione costitutiva del gruppo S&D, con
Iratxe Garcia Perez favorita per il bis. Mercoledì toccherà ai
gruppi Renew ed Ecr. Giovedì, ha rivelato lo Spiegel, è prevista
invece una importante novità: i tedeschi di Afd hanno convocato
una riunione per un nuovo gruppo parlamentare, che potrebbe
chiamarsi "I Sovranisti". Sugli altri membri (servono almeno 23
eurodeputati di 7 Paesi membri) non c'è certezza ma le tracce
portano, tra gli altri, ai cechi di Ano (appena usciti da
Renew), agli ungheresi di Fidesz, allo Smer del premier slovacco
Robert Fico e agli sloveni dell'ex premier Janez Jansa. Il
gruppo potrebbe terremotare il fronte delle destre al Pe,
facendo da polo di attrazione per le formazioni più
euroscettiche.
Ogni giocatore al tavolo dovrà abbandonare i tatticismi prima
del vertice dei 27, dove l'obiettivo è partire da un terzetto
stabile per i top jobs. Al momento, oltre a von der Leyen, i
favoriti per il Consiglio europeo e il ruolo di Alto
Rappresentante Ue restano Antonio Costa e Kaja Kallas. Sul
primo, però, cresce l'ombra di un piano B che ha il nome di
Enrico Letta. L'ex premier italiano, autore del report sul
mercato unico, ha posizioni più centriste su alcuni temi cardine
come l'immigrazione. Anche la presidente del Consiglio dovrà
fare chiarezza. Innanzitutto sulla delega alla quale aspira
nella Commissione. "Vogliamo un vicepresidente della
Commissione, un commissario forte, per avere una buona politica
europea a favore dell'industria e dell'agricoltura", ha spiegato
il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani
all'emittente francese Tf1. E Tajani potrebbe non aver citato a
caso i settori dell'agricoltura e dell'industria. Il primo vede
il governo Meloni in prima linea dall'inizio del mandato. La
delega all'industria, che fu ricoperta dallo stesso Tajani, è
centrale in un momento in cui l'Ue è chiamata a rilanciarsi
sulla competitività globale e ad accelerare sul comparto della
difesa. Difficile, invece, che l'Italia possa mettere le mani
sulla delega al Green Deal, destinata alla spagnola Teresa
Ribera.
Il capo di Forza Italia ha ribadito il suo no al dialogo con
Marine Le Pen e Id ed è tornato a fare appello ai vertici del
Ppe: sì al dialogo con i Conservatori, porte chiuse ai Verdi. Il
leader del Ppe Manfred Weber è tra i più scettici all'ingresso
dei Verdi in maggioranza. Ma nel gruppo c'è una nutrita fronda,
capitanata da Donald Tusk, che non vuole aprire a Ecr, dove tra
l'altro milita il Pis, grande avversario del premier polacco. Al
vertice Ue non dovrebbe ripetersi la scena della cena informale
di lunedì, con le riunioni parallele dei negoziatori di Ppe,
Socialisti e Liberali. Prima del summit di lunedì "era stata
concordata una coreografia, ma i negoziatori non l'hanno
rispettata. Speriamo che ora lo facciano", hanno spiegato fonti
europee. Decisivi, infatti, saranno anche leader che non fanno
parte dei tre partiti filo-Ue. Due di loro, Meloni e Viktor
Orban, si vedranno lunedì a Roma in un bilaterale cruciale anche
per la loro strategia al tavolo dei leader.
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