(di Michele Esposito)
Chiudere su Ursula von der Leyen
entro venerdì al vertice dei leader. E completare l'iter entro
il 18 luglio, a Strasburgo, alla plenaria dell'Eurocamera.
Provando, con una zampata finale, a lasciare il Consiglio
europeo nelle mani dei socialisti soltanto per mezzo mandato. Il
Ppe prepara la trattativa finale sui nuovi vertici Ue tornando a
sbandierare la vittoria elettorale che gli ha permesso di
confermarsi di gran lunga il primo gruppo al Parlamento europeo.
Ma, al di là della cortina di forza e unità che il presidente
Manfred Weber non manca di evidenziare ad ogni incontro, i
Popolari hanno di fronte un duplice problema: da un lato, i
numeri della maggioranza Ursula sono oggettivamente risicati;
dall'altro, l'apertura ai Verdi o - sul fronte opposto - a
Giorgia Meloni rischia di spaccare il gruppo, soprattutto nello
scrutinio segreto previsto per il voto sulla presidente della
Commissione.
A pochi giorni dal nuovo confronto tra i capi di Stato e di
governo dei Ventisette, Weber ha riunito per la prima volta dopo
le europee l'assemblea del Ppe. Ha parlato con al suo fianco
Roberta Metsola e Ursula von der Leyen, dando dimostrazione del
suo appoggio alle presidenti uscenti. La prima, il 16 luglio,
potrebbe essere confermata alla guida dell'Eurocamera con un
nutrito numero di sì. La seconda, anche all'interno del Ppe, ha
i suoi nemici. Ed è per questo che, nonostante la cena informale
dei leader del 17 giugno sia finita con una fumata grigia sui
top jobs Ue, Weber continua a temere più l'emiciclo di
Strasburgo che il tavolo dei leader europei dell'Europa
Building. L'obiettivo dei negoziatori dei Popolari, Donald Tusk
e Kyriakos Mitsotakis, è arrivare ad un accordo venerdì
pomeriggio con l'Italia a bordo.
Il terzetto di nomi - nonostante il tam tam che vuole Enrico
Letta come possibile piano B - resta stabile: oltre a von der
Leyen, vi sono il socialista Antonio Costa alla presidenza del
Consiglio europeo e la liberale Kaja Kallas come Alto
rappresentante. Nei giorni che precederanno il summit Ue i
gruppi proveranno a fare quadrato attorno alle loro posizioni.
Ed è qui che il tavolo rischia di saltare. "Sul Consiglio
europeo bisogna tener conto del risultato elettorale, dopo due
anni e mezzo ritengo giusto che ci sia una guida popolare", ha
insistito il vicepremier Antonio Tajani dando linfa ad una linea
sposata appieno da Weber. I Socialisti, che martedì
confermeranno Iratxe Garcia Perez alla testa del gruppo, hanno
evitato nuove reazioni a caldo che possano avvelenare il clima.
Ma la prova di forza del Ppe rischia di alimentare nuovi
scontri. Anche perché la terza componente, quella dei Liberali,
è alle prese con i dolori post-Europee, che stanno portando a
mettere in dubbio anche la conferma della macroniana Valerie
Hayer alla presidenza di Renew.
Ursula von der Leyen, se i 27 la confermeranno, non può
comunque dormire sonni tranquilli con 37 seggi di margine sulla
soglia minima della maggioranza. Il Ppe sta provando a fare
scouting nel grande bacino dei 'non allineati', che conta 84
eletti. L'imperativo, per non aumentare la quota di franchi
tiratori, è evitare che i Verdi o Ecr entrino ufficialmente in
maggioranza. In realtà, sia i Greens sia i meloniani sono pronti
a votare il bis di Ursula. Anzi, il voto per von der Leyen
potrebbe aumentare le tensioni interne ai Conservatori, con i
polacchi del Pis sempre più irrequieti su un'eventuale virata di
Fdi a favore della Spitzenkandidatin del Ppe. Una partita
interna dalla quale si richiama nuovamente fuori Viktor Orban.
Che, in attesa di assumere la presidenza di turno dell'Ue, da
Roma è tornato a ribadire la sua indisponibilità a fare parte
del gruppo guidato dalla premier italiana, puntando ancora il
dito sui rumeni anti-ungheresi di Aur.
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