(di Michele Esposito)
La vittoria di Marine Le Pen in
Francia, l'inizio della presidenza ungherese dell'Ue, la
prospettiva di un gruppo dei Patrioti che, all'Eurocamera,
venderà cara la pelle. Il lunedì nero degli europeisti fa da
apripista a giorni di profonda incertezza per le istituzioni
comunitarie. Da qui alla Plenaria di metà luglio i nuovi assetti
sono tutt'altro che blindati e l'effetto domino di una
potenziale vittoria del Rassemblement National ai ballottaggi
del 7 luglio potrebbe rendere assai più difficoltosa la strada
di Ursula von der Leyen per un bis alla Commissione.
La presidente uscente ha sin dall'inizio ben chiaro un punto:
la sua conferma, più che al Consiglio europeo, ha
nell'Eurocamera il principale ostacolo. Solo con un appoggio
esterno la trappola dei franchi tiratori può essere evitata con
una certa tranquillità. Il tema, per von der Leyen, è che la
coperta dei negoziati con le delegazioni esterne alla
maggioranza Ppe-Socialisti-Renew rischia di essere comunque
troppo corta. E Ursula ha cominciato a muoversi, ricevendo a
Palazzo Berlaymont il co-presidente dei Verdi, Bas Eickhout. Il
messaggio del gruppo dei Greens, rispetto a qualche giorno fa,
non è però cambiato. "Abbiamo discusso molto costruttivamente
della possibilità di una maggioranza stabile e democratica ma
abbiamo chiarito che non saremo parte di una maggioranza che
negozia o fa affidamento con l'estrema destra, Ecr inclusa", ha
scandito Eickhout. E la sua linea rossa - alla luce della
posizione di Giorgia Meloni al Consiglio europeo dei top jobs e
dell'ulteriore indebolimento dell'asse franco-tedesco dopo il
voto Oltralpe - assume certamente una maggiore corposità
rendendo rischioso, per von der Leyen, anche il solo incontrare
i Conservatori.
L'impressione è che, se vorrà incassare il sostegno almeno
dei meloniani (24 eurodeputati), la presidente designata dovrà
muoversi per vie molto meno ufficiali. Allo stesso tempo, dalle
parti di Ecr non è ancora arrivato alcun segnale concreto di
apertura nei confronti di Ursula. La stessa composizione dei
Conservatori non è chiara. Il gruppo è impegnato negli study
days organizzati in Sicilia. Mercoledì sarà la giornata chiave
per definire le sorti di Ecr e un eventuale addio dei polacchi
del Pis. Ancora più chiarezza, nelle destre, si avrà dopo i
ballottaggi in Francia. Non a caso Identità e Democrazia ha
rinviato la riunione costitutiva del gruppo dal 3 all'8 luglio.
In quell'occasione, alla luce dei risultati del Rassemblement
National, in Id si valuterà se confluire o meno nella nascente
formazione dei Patrioti animata da Viktor Orban con la
partecipazione attiva dei cechi di Andrej Babis e degli
austriaci dell'Fpo. Molto dipenderà da cosa vorrà fare la
principale azionista di Id, Marine Le Pen. Il rischio, però, è
che il gruppo sia condannato all'ininfluenza. La Lega ha già
manifestato entusiasmo per il progetto di Orban. I portoghesi di
Chega sono andati oltre, preannunciando una loro adesione.
In questo magma intriso di sovranismo Orban si trova
perfettamente a suo agio. Atterrato a Bruxelles per il kick-off
della presidenza ungherese, il premier magiaro ha visto Charles
Michel e Alexander De Croo, celebrando al museo Bozar l'inizio
del semestre europeo da lui guidato. Con von der Leyen non c'è
stato alcun incontro. E la Commissione non si recherà in visita
a Budapest nei primi giorni della presidenza, fatto molto
inusuale per le prassi comunitarie. Fonti qualificate europee
hanno invitato a "non drammatizzare" i sei mesi della presidenza
ungherese, benché su Ucraina, Green Deal e agricoltura le
posizioni di Budapest si preannunciano alquanto indigeribili per
l'esecutivo Ue. A tutto ciò va aggiunta la variabile Le Pen.
Trattare con i ministri del Rassemblement, sotto una presidenza
a trazione sovranista, si preannuncia tutt'altro che facile.
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