(dell'inviato Michele Esposito)
"Sono Giorgia, sono una madre,
sono cristiana". Sono passati meno di tre anni dal discorso che
Giorgia Meloni dedicò ai gemelli spagnoli di Vox. In quei giorni
i due partiti si giurarono fedeltà nel nome di un'Europa delle
Nazioni. Da allora sembra passato un secolo. Meloni è diventata
presidente del Consiglio e volto della destra di governo. Vox,
complice la resistenza di Pedro Sanchez all'onda sovranista, è
sull'orlo di un lento declino, stretto tra il Partito Popular e
la neoformazione estremista 'Se Acabò la Fiesta'. Da qui, anche,
parte la svolta del leader Santiago Abascal: Vox ha annunciato
di unirsi ai Patrioti di Viktor Orban, facendo da tassello
iberico al gruppo che lunedì vedrà la luce a Bruxelles e che, in
poche ore, ha incassato anche l'adesione del Pvv olandese di
Geert Wilders.
Il premier ungherese ha cominciato la presidenza di turno
dell'Ue con una manovra a tenaglia nei confronti degli
europeisti. Mentre lui volava a Mosca sconquassando due anni e
mezzo di diplomazia europea, il suo braccio destro, Balasz
Orban, era già a Madrid per ufficializzare il patto dei Patrioti
con Abascal. Dopo le Europee "le forze dei patrioti hanno la
storica opportunità di materializzare il mandato degli elettori
in un grande gruppo che si erge come alternativa alla coalizione
di popolari, socialisti ed estrema sinistra", ha sottolineato
Abascal. La separazione tra lui e Meloni sembra essere stata
pacifica. Da un lato il leader di Vox ha spiegato che con la sua
"amica" italiana "la relazione resterà strettissima". Dall'altro
il co-presidente di Ecr Nicola Procaccini ha rimarcato che,
sebbene in gruppi diversi, "ci ritroveremo spesso fianco a
fianco nella prossima legislatura". Fonti di Fdi spiegano che la
separazione è frutto innanzitutto di dinamiche interne alla
politica spagnola. In Italia, aggiungono, l'interlocutore
principale di Abascal rimarrà comunque Meloni e non la Lega di
Matteo Salvini.
L'uscita di Vox, di fatto, rende inoltre più agevole un
possibile dialogo tra Ursula von der Leyen e i Conservatori. Gli
spagnoli, assieme ai polacchi del Pis, rappresentavano una delle
delegazioni con cui, nel Ppe, ben poco si vuole avere a che
fare. Un'alleanza tra Popolari e Ecr - con il Pis che è comunque
rimasto - resta impossibile ma un voto, peraltro segreto, di una
parte del gruppo al bis di Ursula sarà certamente più digeribile
ora alla grande maggioranza del Ppe. E, non a caso, nel corso
degli study days del Ppe a Cascais von der Leyen ha anticipato
che la settimana prossima vedrà tutti i gruppi ad eccezione di
Identità e Democrazia e The Left (anche se, su quest'ultimo, c'è
ancora qualche spiraglio per un rendez vous). Vedrà, quindi, i
tre partiti filo-Ue ma anche i Verdi e, appunto, Ecr. E' da
questo bacino che la presidente della Commissione uscente dovrà
racimolare i 361 voti per la maggioranza, senza cadere nella
trappola dei franchi tiratori.
Lunedì, invece, i Patrioti per l'Europa saranno ufficialmente
in campo e avranno come ulteriore freccia l'estrema destra di
Wilders, principale azionista del neonato governo olandese.
"Difendiamo la pace e la libertà e siamo contro l'immigrazione
illegale", ha scritto su X Wilders annunciando il matrimonio con
Orban. Dal quale, tuttavia, lo divide la posizione filo-ucraina.
Un ostacolo che non sembra impedire ai Patrioti di unirsi nel
nome del pragmatismo: Fidesz, Ano, l'Fpo, Chega e Vox ne faranno
certamente parte. I belgi del Vlaams Belang arriveranno. A quel
punto, tuttavia, Id sarebbe svuotata. Spetterà a Marine Le Pen,
oltre che a Matteo Salvini, sciogliere il nodo a poche ore dai
ballottaggi in Francia. Ecr, nonostante l'addio di Vox, resta
invece terzo partito. Ma lo scettro del sovranismo europeo,
oramai, lo ha perso.
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