(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Il premier ungherese Viktor
Orban continua a terremotare l'Unione Europea, sia dal punto di
vista politico - la sua creatura al Parlamento Europeo, i
Patrioti, vede finalmente la luce e schizza al terzo posto,
subito dietro al duo Popolari-Socialisti - che istituzionale.
Qui la colpa è dell'ultima tappa dell'auto-missione di pace, che
dopo Kiev e Mosca lo vede in visita a Pechino, ricevuto da Xi
Jinping. "Il presidente mi ha detto chiaramente che la Cina
continuerà a impegnarsi per creare le condizioni per la pace.
Non siamo soli! La missione continuerà..." ha postato su X
Orban. In realtà Budapest è sempre più isolata. Perlomeno
nell'Ue.
"Orban non ha alcun mandato per rappresentare l'Ue in queste
visite", ha ribadito il portavoce della Commissione Europea,
Eric Mamer, durante l'incontro quotidiano con la stampa.
"L'Ungheria - ha ricordato - ha responsabilità specifiche quando
si tratta di gestire i lavori del Consiglio, in quanto
presidente di turno dell'Ue, ma questo è completamente diverso
da ciò che fa come Stato membro con una propria politica
estera". Insomma, parla per sé. E gli altri 26 Stati membri sono
perplessi, per usare un eufemismo. Alla riunione dei
Rappresentanti Permanenti dei 27 in Ue, in programma per
mercoledì, all'ambasciatore dell'Ungheria saranno dunque
"chiesti chiarimenti". È quanto spiegano fonti diplomatiche
sottolineando "la crescente preoccupazione" nelle capitali
europee.
"Dovrebbe essere chiaro che rappresenta solo il suo Paese e
invece ha intenzionalmente lasciato molte ambiguità, mostrando
ad esempio il logo della presidenza di turno nelle sue
comunicazioni", nota una fonte. Le tensioni "potrebbero crescere
ulteriormente" con l'avvicinarsi al Consiglio Affari Esteri,
visto che Budapest - si spiega ancora - "continua a bloccare" il
via libera all'European Peace Facility, ovvero gli aiuti
militari per l'Ucraina, dove c'è già un'intesa a 26.
"Nei prossimi due-tre mesi la situazione diventerà molto più
brutale al fronte", ha ammonito Orban nel corso di un'intervista
alla Bild, giustificando così l'esigenza di passare "da una
politica di guerra a una politica di pace". Parole che assumono
un peso persino sinistro dopo il pesantissimo bombardamento
russo su diverse città ucraine, che ha colpito pure l'ospedale
dei bambini della capitale.
Il premier magiaro è ora atteso a Washington per il vertice
annuale della Nato, che si apre domani. Il segretario generale
Jens Stoltenberg la settimana scorsa ha rivelato che Orban aveva
informato il suo staff della visita a Mosca - l'Ue al contrario
era caduta dalle nuvole - e che, nel corso del summit, ci
sarebbe stata forse la possibilità di uno "scambio di vedute"
sul punto. Ma gli Usa non hanno nascosto la loro irritazione.
Orban ormai balla da solo, puntando chiaramente sul ritorno di
Donald Trump alla Casa Bianca. Sia sull'Ucraina sia sulla Cina,
con la quale, dice, si deve "evitare una guerra commerciale" (e
nel mentre spalanca le porte alle aziende del Dragone in
Ungheria).
Xi, dal canto suo, nell'incontro con il magiaro ha chiesto di
"creare le condizioni" per un "dialogo" diretto tra Kiev e
Mosca. Ebbene. Chi ci sta provando è proprio il presidente
ucraino Volodymyr Zelensky con il suo processo di pace, che
prevede nel secondo vertice la partecipazione della Russia.
Peccato che la Cina lo abbia sinora, essenzialmente, snobbato.
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