BRUXELLES - L'Unione europe non è riuscita a ridurre in modo significativo gli errori che persistono nella spesa per la politica di coesione, lo strumento principale a disposizione del 27 Paesi membri per ridurre le disparità economiche e sociali all'interno dell'Unione. Questa la conclusione dell'analisi condotta della Corte dei conti europea sui controlli, definiti "ancora lacunosi a tutti i livelli", effettuati della Commissione europea e degli Stati membri sull'utilizzo dei fondi strutturali. Per la magistratura contabile europea, l'esecutivo Ue non solo ha sottostimato il livello totale di spese irregolari, ma ha anche utilizzato in misura insufficiente gli strumenti disponibili per indurre agli Stati membri a migliorare la gestione della spesa ed i relativi controlli. La politica di coesione, si ricorda nel documento pubblicato oggi, costituisce un importante settore di spesa - circa 392 miliardi di euro, oltre un terzo del bilancio Ue - e negli anni è stato anche quello che ha fatto registrare il maggior numero di sbagli. Il livello di errore stimato non misura frodi, inefficienze o sprechi, ma è una stima delle risorse finanziarie che non sono state utilizzate nel rispetto delle norme nazionali e dell'Ue. "La Commissione e gli Stati membri lavorano insieme affinché la politica di coesione dell'Ue produca benefici per i cittadini, ma devono compiere maggiori sforzi per far sì che la spesa avvenga nel rispetto della normativa", ha osservato Helga Berger, responsabile dell'analisi condotta dalla Corte. "Quando si parla di controlli, vi sono molti giocatori in campo, ma i risultati semplicemente non si vedono".
Nella piramide dei controlli, la prima linea di difesa per garantire spese regolari è costituita dai controlli effettuati dalle autorità di gestione degli Stati membri ma questi sono spesso lacunosi e avrebbero potuto impedire più di un terzo degli errori rilevati dagli auditor della Corte tra il 2017 e il 2022. In secondo luogo, ci sono i controlli svolti dagli organismi di audit degli stessi Stati membri. Ed anche qui, rileva ancora l'analisi condotta, gli auditor della Corte hanno riscontrato debolezze di varia natura e gravità nel lavoro espletato da 40 dei 43 organismi di audit esaminati. Inoltre, la Commissione - cioè la terza linea di difesa - basa le proprie valutazioni sui controlli solo limitatamente affidabili svolti a livello nazionale, sebbene alcune autorità nazionali siano più efficaci di altre nel rilevare le spese inficiate da errori. Allo stesso tempo, gli strumenti utilizzati dalla Commissione per rilevare, prevenire o correggere errori mostrano anch'essi una serie di debolezze. Dato che le verifiche documentali da essa operate non sono concepite per rilevare spese inficiate da errori, la Commissione potrebbe ottenere un impatto maggiore espletando più audit della conformità sul campo. L'esecutivo Ue può inoltre utilizzare rettifiche finanziarie per gravi carenze nei controlli per porre rimedio all'incidenza negativa delle spese inficiate da errori sul bilancio dell'Ue. Finora, però, gli Stati membri non hanno perso fondi loro assegnati a seguito di tali rettifiche ma, al contrario, li hanno potuti riutilizzare per altri progetti. L'effetto deterrente risulta quindi limitato, e gli Stati membri non sono incentivati a migliorare i propri sistemi, in modo da evitare di commettere da subito gli errori. Negli ultimi anni, la maggior parte degli errori presenti nella spesa per la coesione è derivata da spese e progetti non ammissibili, con al secondo posto il mancato rispetto, da parte dei destinatari dei fondi, delle norme in materia di aiuti di Stato e di appalti. La Corte ha individuato tre cause di fondo degli errori: amministrazione inadeguata e verifiche inefficienti da parte delle autorità di gestione; negligenza o presunto mancato rispetto intenzionale delle norme da parte dei beneficiari; problematiche di interpretazione del quadro normativo. Infine, secondo la Corte, la sovrapposizione tra i periodi di spesa pluriennali ed i fondi dell'Ue per la ripresa post-Covid dovrebbe esercitare ulteriore pressione su alcuni Stati membri per garantire che il denaro sia utilizzato nel rispetto di tutte le norme.
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