BRUXELLES - Il Cremlino, come aveva promesso, sta studiando con grande attenzione i risultati del vertice di Washington della Nato e mano mano che i dettagli emergono la sua reazione si fa più rabbiosa. Mosca, non è un segreto, essenzialmente si cura solo di ciò che fanno gli americani, poiché considerano gli altri alleati figli di un dio minore. E la notizia che gli Usa piazzeranno nuovi missili a lunga gittata in Germania, compresi vettori ipersonici in corso di sviluppo, ha colpito nel segno. "Si tratta di una classica azione a falsa bandiera e di una nuova, pericolosissima escalation", ha tuonato il portavoce di Vladimir Putin. Che cosa intenda poi per falsa bandiera, non è chiaro in questo caso. Il vice ministro degli Esteri Sergey Ryabkov ha dichiarato invece che "nessuno in Occidente dovrebbe avere dubbi sulla determinazione" della Russia a rispondere al possibile schieramento e ha bollato il summit Nato come "un vertice della vergogna". "E' stato disastroso e non ha fatto altro che aggravare le tensioni, aumentando i rischi che la situazione precipiti", ha chiosato. Non è dunque un caso che il capo del Pentagono Lloyd Austin abbia poi sentito il suo omologo russo, Andrei Belousov, nel corso di una nuova telefonata (l'ultima è avvenuta lo scorso giugno) avvenuta su richiesta della Russia.
"E' importante mantenere canali di comunicazione aperti anche nel corso della guerra in Ucraina", ha precisato il Pentagono. Al di là dei missili americani, il pacchetto per l'Ucraina deciso dagli alleati evidentemente suscita preoccupazione nei russi, che forse si aspettavano (o speravano) in una ridotta dimostrazione di unità. "Putin non inasprisce mai la sua condotta quando aiutiamo l'Ucraina, semmai l'inasprisce quando non l'aiutiamo abbastanza", assicura il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, tra i più falchi del sostegno a Kiev. Una delle misure decise dagli alleati ad esempio è quella di "supportare" e "consigliare" la progettazione e l'attuazione di "un'architettura integrata di difesa aerea e missilistica per l'Ucraina", in modo da consentire l'uso "più efficiente" delle capacità fornite dalla Nato - i nuovi sistemi chiesti da Volodymyr Zelensky stanno finalmente arrivando, assieme agli F16 - e accompagnare così la sua "transizione verso la piena "interoperabilità" con l'Alleanza. Ecco, al netto delle azioni per l'Ucraina, senz'altro importanti, il vertice di Washington marca passi avanti sostanziali della rinnovata postura di difesa e deterrenza, che poi è il core business della Nato. Madrid e Vilnius hanno tracciato la rotta, ora stanno arrivando le misure concrete. E dunque i missili Usa in Germania, ma anche l'intesa Roma-Parigi-Berlino-Varsavia per sviluppare cruise blustellati aumentando l'autonomia strategica dell'Ue cara a Macron e, al contempo, rinvigorendo la base industriale europea.
Gli Usa hanno poi fatto sapere che, tra i Paesi rinforzati c'è anche l'Italia, ma - a quanto si apprende - si tratta di una batteria a cortissimo raggio data in supporto alla brigata americana di base a Vicenza, impiegata "a supporto dell'eventuale proiezione delle forze Usa" e non schierati sul territorio nazionale italiano. Il capitolo missilistico - è una delle lezioni-chiave apprese dalla guerra in Ucraina - è d'altra parte sempre più rilevante. Un documento d'indirizzo Nato dello scorso aprile mette nero su bianco che, "per soddisfare i nuovi requisiti di capacità previsti dai piani regionali adottati al vertice di Vilnius, gli alleati dovranno investire in nuove e significative capacità di difesa aerea e missilistica". Non si tratta solo di mezzi. L'obiettivo è anche quello di rafforzare il Comando Nato Integrated Air and Missile Defence (Iamd), diviso oggi tra minacce balistiche (in mano agli americani) e minacce inferiori, dove invece comandano i singoli alleati (e dunque la situazione è carente). Una delle risposte è l'iniziativa E.S.S.I a trazione tedesca (Euro Sky Shield Initiative). Si tratta di acquistare sistemi pronto uso - come Iris-T, Patriot o gli israeliani Arrow-3 - in modo da costruire in fretta un Iron Dome europeo in grado d'intercettare missili a corto, medio, lungo e lunghissimo raggio. Già 20 Paesi europei sono entrati nel consorzio, tra cui le neutrali Svizzera e Austria. Italia e Francia, per adesso, si sono tenute fuori perché nel progetto non c'è spazio per i propri Samp-T. Questa, naturalmente, è un'altra questione. Che andrà però presto affrontata e risolta: l'armonizzazione su scala europea dei vari interessi nazionali.
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