(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Il piano Orban per la pace in
Ucraina c'è. E contiene degli elementi alquanto dirompenti. Il
rapporto - due pagine, dieci punti, logo della presidenza
ungherese nell'intestazione - è firmato 12 luglio,
presumibilmente il giorno in cui è stato inviato al presidente
del Consiglio Europeo Charles Michel, che poi lo ha condiviso
con gli Stati membri. In sintesi. L'Europa farebbe bene ad
uscire dal paradigma della guerra ad ogni costo perché gli Usa,
con Donald Trump, cambieranno rotta e l'Ue si troverà in uno
scenario nuovo. Meglio dunque prevenire, puntando sui negoziati,
anche attraverso "un'offensiva diplomatica" verso il Sud
Globale, ormai ostile all'Occidente: Usa e Ue, per Orban, sono
infatti "isolati" sullo scacchiere globale.
Già basta per capire come il punto di vista del premier
ungherese sia totalmente divergente con l'aria che spira a
Bruxelles. "Trump, subito dopo la sua vittoria elettorale, sarà
pronto ad agire immediatamente come mediatore: ha piani
dettagliati e ben fondati", assicura Orban. Che poi avverte: "La
proporzione degli oneri finanziari tra Stati Uniti e Unione
Europea cambierà significativamente a svantaggio dell'Ue per
quanto riguarda il sostegno all'Ucraina". Domanda retorica. I 27
sono pronti a farsene carico? "La nostra strategia europea, in
nome dell'unità transatlantica, ha copiato la politica di guerra
degli Usa", ha scritto Orban nel rapporto, visto dall'ANSA.
"Propongo di discutere se la continuazione di questa politica
sia razionale in futuro".
Si vedrà. L'esordio non è dei migliori. I ministri delle
Finanze dei 27, riuniti nell'Ecofin, hanno esortato l'Ungheria a
non insabbiare il tema del sostegno a Kiev ma di mantenerlo alto
in agenda (resta ad esempio da tradurre in realtà il prestito da
50 miliardi deciso dal G7 usando gli extra profitti degli asset
russi immobilizzati, e qui Budapest rema contro). Alcuni hanno
poi pubblicamente criticato Orban per la sua visita a Mosca, che
così facendo non ha rappresentato "tutti i Paesi Ue". Sul tema
c'è accordo, benché si vedano già le prime crepe sulla risposta
da adottare. Vienna - per bocca del cancelliere Karl Nehammer -
ha annunciato che non aderirà al boicottaggio della Commissione
e prenderà parte alle "riunioni e ai consigli" organizzati dalla
presidenza ungherese. Lo stesso esecutivo blustellato, peraltro,
ha chiarito che il divieto si applica solo ai commissari, quindi
Ursula von der Leyen andrà al vertice informale dei leader,
previsto a Budapest a novembre.
"Orban al summit Nato era molto isolato e non è che abbia
rivelato chissà cosa grazie ai suoi viaggi, tutte cose che
sapevamo già", racconta un diplomatico alleato. "Però non credo
sia giusto definirlo come una marionetta di Mosca: valuta gli
interessi nazionali ungheresi a modo suo e ha un'idea diversa su
come debba finire il conflitto". Tutte cose che lo pongono in
rotta di collisione con Bruxelles e Washington (per ora). Mosca,
va da sé, apprezza. "L'attuale amministrazione americana è
contraria a qualsiasi dialogo e insiste ancora nel continuare la
guerra fino all'ultimo ucraino", sferza il portavoce di Vladimir
Putin, Dmitri Peskov. Che il Cremlino possa partecipare al
secondo vertice di pace, come proposto da Volodymyr Zelensky,
appare poi già molto improbabile. "Bisogna capire cosa abbia in
mente: il primo non era affatto di pace", chiosa.
E si torna da capo. Se per Mosca l'accordo prevede la
capitolazione totale, Kiev non potrà mai accettare. La strada è
strettissima. Orban, di nuovo, offre spunti interessanti. "La
Cina svolgerà un ruolo più attivo solo se le possibilità di
successo del suo impegno si avvicineranno a determinati
parametri e secondo la loro valutazione questo non è ora il
caso", si legge nel rapporto. "Propongo di condurre colloqui
politici ad alto livello con la Cina sulle modalità della
prossima conferenza di pace".
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