(di Michele Esposito)
Manca l'ultima curva, ma il
traguardo è lì, ben visibile: l'Italia è più che mai vicina ad
ottenere una vicepresidenza esecutiva nella nuova Commissione
europea. La presidente Ursula von der Leyen ha ancora una
manciata di giorni per scogliere gli ultimi nodi. La sua
intenzione, nonostante la complessità del lavoro di composizione
del cuore del governo comunitaria, è quella di presentare la
lista entro la prima metà di settembre. E, con l'avvicinarsi
della deadline, la marcia di Raffaele Fitto verso una
vicepresidenza esecutiva ha acquisito vigore.
A confermarlo è stato il quotidiano tedesco die Welt,
secondo il quale il kingmaker del Pnrr italiano sarà
"vicepresidente esecutivo della Commissione e sarà responsabile
dell'economia e degli aiuti alla ricostruzione del Covid". "Per
la prima volta un esponente della destra populista al vertice
della Commissione", è stata l'osservazione del die Welt. Nei
palazzi brussellesi l'indiscrezione è reputata "feasible",
ovvero realizzabile. Con qualche distinguo. E' molto difficile
che a Fitto sia assegnata la delega agli Affari Economici,
attualmente nelle mani di Paolo Gentiloni. E' ben più
percorribile, invece, l'ipotesi che la delega direttamente
gestita dal ministro italiano uscente riguardi i fondi del Next
Generation e che, in un'ottica più generale, la vicepresidenza
esecutiva - concepita come un cluster di più settori - abbracci
i portafogli economici.
Il tema della composizione della Commissione è
tradizionalmente complesso e, negli anni, ha cambiato diversi
fattori. Il ruolo di vicepresidente esecutivo risale alla
formazione della Commissione attuale, quando l'elezione di von
der Leyen arrivò dopo il clamoroso accantonamento di Frans
Timmermans. A quel punto, tuttavia, per giungere a un accordo
all'esponente socialista olandese fu offerto il gallone di
vicepresidente esecutivo, che ha poteri maggiori di un
vicepresidente semplice. A qual punto, tuttavia, furono Ppe e
Renew a scendere in trincea. Alla fine le vicepresidenze
esecutive furono tre - a Timmermans si aggiunsero il popolare
Valdis Dombrovskis e la liberale Margrethe Vestager - al quale
si affiancarono quattro vicepresidenti semplici. A completare la
squadra l'Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, che ha
automaticamente anche il ruolo di vice. Von der Leyen, tuttavia,
vorrebbe cambiare schema. Eliminando i vicepresidenti semplici e
mantenendo solo una squadra ristretta di 'esecutivi'.
L'Italia, che nella precedente legislatura non aveva alcuna
vicepresidenza, è partita anche per questo in pole per avere un
commissario che sia tra i vice di Ursula. La scelta di un
profilo come quello di Fitto - e il pressing in Ue su Giorgia
Meloni perché si concretizzasse non è stato causale - ha reso la
partita sensibilmente più semplice. La spagnola Teresa Ribera
(con la delega alla transizione ecologica), il lettone
Dombrovskis (con delega all'allargamento e alla ricostruzione
dell'Ucraina) e il francese Thierry Breton (con la gestione
dell'industria e dell'autonomia strategica in primis) sono gli
altri nomi che, secondo die Welt, si aggiungerebbero a Fitto. La
possibilità di un quinto vicepresidente esecutivo è concreta ma
qui la partita sembra più aperta. Anche perché sul tavolo di von
der Leyen, resta una serie di problemi in sospeso, primo fra
tutti quello della quota di donne tra i 27 commissari.
La presidente aveva chiesto ai governi di proporle due nomi
all'insegna dell'eguaglianza di genere. Solo la Bulgaria le ha
dato ascolto. Di fronte ad una netta superiorità di uomini il
pressing di von der Leyen è aumentato. Il Belgio, nel quale
Didier Reynders nutriva speranze per una riconferma, ha optato
per proporre la ministra degli Esteri Hadja Lahbib. La Romania
ha cambiato candidato, passando da Viktor Negrescu a Roxana
Minzatu. Malta e Slovenia hanno invece respinto la richiesta
della presidente. Le donne commissario, a questo punto
potrebbero essere dieci su 27, presidente inclusa. Ancora troppo
poche per Ursula.
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