(di Michele Esposito)
Le nomine di Ursula von der
Leyen per la nuova Commissione corrono sul filo ma, per ora,
sembrano reggere. Sul primo nodo, quello di Raffaele Fitto alla
vicepresidenza esecutiva di Palazzo Berlaymont, la sensazione è
che una trattativa sia possibile e percorribile sebbene l'esito
dipenda indissolubilmente dall'audizione che il ministro
italiano è chiamato a svolgere all'Eurocamera. In
quell'occasione, da socialisti, verdi e liberali partirà un tiro
a bersaglio che non riguarderà solo Fitto ma il governo di cui è
ancora parte. E ogni errore potrebbe rappresentare, per le
compagini europeiste, la pistola fumante per bocciare la
candidatura.
Von der Leyen si avvia ad un weekend denso di telefonate e
segnato da diversi nodi da sbrogliare. Il primo sta nel
convincere i socialisti a non annunciare il "no" a Fitto e
quindi alla sua Commissione un minuto dopo che, martedì a
Strasburgo, dovrebbe essere presentata la squadra. Von der Leyen
ha qualche carta da giocarsi. Innanzitutto è chiamata a blindare
deleghe forti per la spagnola Teresa Ribera, che si appresta ad
essere il punto di riferimento dei socialisti ai vertici della
Commissione. Alla ministra simbolo della transizione ecologica
iberica dovrebbe essere assegnata la potentissima Concorrenza ma
non il Clima. In secondo luogo von der Leyen, per ammorbidire le
posizioni di S&D, dovrebbe sfilare la delega agli affari sociali
e alle politiche abitative all'austriaco e popolare Magnus
Brunner. Più difficile, invece, che riesca a convincere il
Lussemburgo a cambiare in zona Cesarini il suo candidato: dal
popolare Christophe Hansen allo Spitzenkandidat dei socialisti e
commissario uscente Nicolas Schmit.
Dal canto loro, il gruppo S&D non ha chiuso le porte a Fitto.
"Stiamo negoziando, ci sono molti temi in gioco. Non vogliamo
parlare di linee rosse, ma di priorità. Non capiamo perché un
governo che ha detto chiaramente che non supporta von der Leyen
abbia un ruolo come il nostro o come quello di popolari e
liberali", hanno spiegato fonti socialiste. Aggiungendo: "Von
der Leyen è presidente grazie alle forze pro-Ue e dunque non è
comprensibile avere un vicepresidente esecutivo di Ecr. Ma
saremo responsabili . Fitto dovrà dimostrare al Parlamento se è
pro-Ue e dovrà essere preparato". Il tema è che, all'interno del
gruppo guidato da Iratxe Garcia Perez, le sensibilità sono
diverse. Francesi e tedeschi sono in trincea da giorni, gli
spagnoli attendono prudenti l'evolversi della trattativa. Il Pd
ha invece adottato una posizione di mezzo, che tiene conto anche
dell'interesse nazionale. "L'Italia deve avere il riconoscimento
che merita, ma proprio per questo è importante che si prosegua
nel solco del programma europeista votato a luglio, e che adesso
va attuato", ha spiegato il capodelegazione al Pe Nicola
Zingaretti in un'intervista al Corsera.
Certo, per Fitto non sarà una passeggiata. La delega agli
affari economici è sempre più lontana ma il portafoglio a Pnrr e
alla coesione sembra confermato. Il punto è che, all'Eurocamera,
a Fitto sarà chiesto uno smarcamento netto dalla linea di
Giorgia Meloni in nome dell'ingresso in Commissione. "Non vedo
problemi sulla sua candidatura", ha dal canto suo rassicurato il
ministro degli Esteri Antonio Tajani. Non c'è solo il nodo
Italia, tuttavia, a minacciare il cronoprogramma di von der
Leyen. In Slovenia la commissione parlamentare che venerdì è
chiamata ad avallare la candidatura di Marta Kos al posto di
quella di Tomaz Vesel, è nelle mani di Sds, partito della
famiglia popolare ma guidato da Janez Jansa, le cui posizioni
sono da tempo vicine a quelle di Orban. E il cambio in corsa del
candidato, su presunto pressing di von der Leyen a causa del
tema delle quote rose, ha generato un malcontento bipartisan in
Slovenia. Tanto che dalla delegazione socialista è stato chiesto
l'accesso alla documentazione procedurale alla base del ritiro
di Vesel e del subentro di Kos. Martedì è ormai vicino ma, allo
stesso tempo, potrebbe essere lontanissimo.
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