(di Michele Epsosito)
Uno vale uno, nessuno vale
Ursula. La strategia di von der Leyen per avere pieni poteri
sulla Commissione nel suo secondo mandato parte da lontano. Da
quando, ancora non eletta all'Eurocamera, confidava ai suoi
fedelissimi che mai e poi mai avrebbe ripetuto l'errore del
2019: farsi attorniare da tre vicepresidenti esecutivi esperti e
con ampi poteri. E spesso non sulla linea della presidente. La
debolezza di Germania e Francia e l'esito dell'Europee hanno
aiutato von der Leyen, e il suo obiettivo ora è a un passo:
presiedere un esecutivo dove, per dirla come un alto funzionario
di Palazzo Berlaymont, "l'unico vero decisore è il collegio dei
commissari".
E' da qui che bisogna partire per capire le basi della
persistente nebulosità sulle deleghe assegnate a ciascun
commissario designato. La struttura della nuova Commissione, ha
spiegato von der Leyen, non trascende il principio per cui
"tutti e 26 sono uguali". Ma non è del tutto vero. Sei dei 26
membri in realtà sono vicepresidente esecutivi, a capo di
cluster che includono dossier, risorse e commissari. E' in
questo contesto che va inquadrata la delega di Raffaele Fitto.
Il ministro uscente italiano avrà Coesione e Riforme e gestirà,
direttamente, i 378 miliardi di euro stanziati per il 2021-27,
disseminati nei vari Fondi previsti nei programmi europei. Fitto
rappresenterà la Commissione ai Consigli Affari Generali
Coesione e, presto, dovrà vedersela con il grande nodo della
riforma del settore. Meno chiaro è il rapporto che Fitto avrà
con i commissari sotto la sua supervisione: il greco
Tzitzikostas (a Trasporti e Turismo), il cipriota Costas Kadis
(Pesca e Oceani), il lussemburghese Christophe Hansen
(Agricoltura). Il Pnrr, invece, sarà rigorosamente co-gestito
con Valdis Dombrovskis. In via indiretta, Fitto potrebbe quindi
avere l'ultima parola anche sulla Pac (circa 270 miliardi fino
al 2027) e comunque si occuperà dell'attuazione dei Piani
nazionale di Ripresa e Resilienza.
Von der Leyen, a 24 ore dalla presentazione della squadra, ha
voluto accogliere tutti (ad eccezione dell'austriaco Magnus
Brunner e della slovena Marta Kos, ancora in attesa di
indicazione formale) al Berlaymont. L'incontro è durato circa
un'ora e mezza. "Sono tutti molto motivati e concentrati in
vista delle audizioni. Saremo una grande squadra", ha twittato
von der Leyen pubblicando l'immagine del nuovo governo
comunitario. "Un incontro molto positivo", le ha fatto eco
Fitto.
Tutti e 26, comunque, hanno davanti la sfida delle griglie
delle commissioni parlamentari. Von der Leyen vuole fare il
prima possibile. L'Eurocamera si prenderà il tempo necessario.
Le audizioni potrebbero essere a metà ottobre o a inizio
novembre e si reggono su equilibri precari, nei quali la
necessaria maggioranza dei 2/3 implica, di fatto, che Ecr voti i
candidati socialisti e che i socialisti votino Fitto. "Lui è il
commissario dell'Italia, tutti lo sostengano", ha sottolineato
la premier Giorgia Meloni. In realtà, a parte il M5s e Avs,
nessun partito italiano ha detto che non voterà per Fitto. Il
Pd, tra i socialisti, è la delegazione più impegnata a
difenderlo, di fronte soprattutto alle riserve di tedeschi e
francesi. E' difficile comunque che il ministro passi l'esame
della commissione parlamentare Regi al primo colpo. Più
probabile che l'intesa si trovi nell'interrogazione
supplementare prevista dal regolamento.
Molto dipenderà anche dalle trattative parallele tra von der
Leyen e i gruppi, tutt'altro che finite. I socialisti vogliono
ulteriormente puntellare i poteri di Teresa Ribera, forse la più
importante tra i vicepresidenti esecutivi, con deleghe alla
Concorrenza e alla Transizione. La spagnola avrà la supervisione
del dossier Tasse e Clima (nelle mani dell'olandese Woepke
Hoekstra), di Energia e Housing (guidate dal danese Dan
Jorgensen) e dell'Ambiente (nelle mani di Jessika Roswall). Avrà
alle spalle un governo saldo, quello di Pedro Sanchez. "Se
spingerò sul Green Deal? Certamente", ha avvertito Ribera. E' in
lei che potrebbe concentrarsi il contropotere al regno di
Ursula.
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