Jens Stoltenberg si appresta a
lasciare la Nato, dopo 10 anni al timone. Il primo di ottobre
avverrà ufficialmente il passaggio del testimone a Mark Rutte e
il norvegese diventerà l'ennesimo 'ex-qualcosa', dato che è
stato già ministro e premier. "Ci sono abituato, poi è sempre
arrivato qualcosa di bello". Nel mentre però rilascia interviste
a raffica e lancia moniti. Il prezzo della pace, avverte, "sta
salendo" e gli alleati dovranno spendere "più del 2%" in difesa,
anche se sarà "politicamente difficile". Inoltre, anche se la
Nato ora "è più forte" che mai, serve capire che il potere
militare alleato "è limitato" e bisognerà in futuro calibrare
bene eventuali "interventi" all'estero, come insegna il disastro
dell'Afghanistan.
Stoltenberg ha scelto il German Marshall Fund a Bruxelles per
il suo discorso d'addio, quello che dovrà assicurare la sua
eredità politica. "Quando mi fu proposta la Nato, oltre 10 anni
fa, chiesi consiglio a mio padre", racconta Stoltenberg. E non a
caso, visto che fu ministro della Difesa. "Non era molto
entusiasta, mi disse che alla Nato non succede un granché",
confida il quasi ex sec-gen tra le risate del pubblico. "Ma
tutto si può dire tranne che questi dieci anni siano stati
statici". L'alleanza, è la sintesi, ha dimostrato di essere
rilevante nel mondo di oggi, nonostante le critiche del passato,
come la celebre etichetta di "cerebralmente morta" affibbiata
dal presidente francese Emmanuel Macron. Certo, la Russia ci ha
messo del suo, con l'invasione dell'Ucraina nel 2022. "Se il
dialogo è fallito è colpa di Mosca", sentenzia rifiutando ogni
errore da parte dell'Alleanza. "Noi ci abbiamo provato davvero e
persino dopo la guerra in Georgia, fino al gennaio del 2022,
quando abbiamo riunito il Consiglio Nato-Russia", assicura.
Guardando al futuro Stoltenberg di una cosa si dice sicuro:
non ci potrà essere "una Minsk 3" per mettere fine al conflitto,
perché Vladimir Putin non vuole un'Ucraina libera e dunque
bisognerà armare Kiev per far sì che possa difendersi - al
contrario di quanto fatto dopo il 2014, ovvero l'annessione
della Crimea e lo scoppio del conflitto nel Donbas - fino
all'ingresso nella Nato, con garanzie di sicurezza da parte
dell'Occidente nella fase intermedia. Solo così l'Europa potrà
avere un'architettura di sicurezza valida. Il norvegese ha poi
scoraggiato la Nato da possibili tentazioni "isolazionistiche",
con voci che incoraggiano Bruxelles e Washington a prendere
"strade separate", poiché "investire nelle relazioni
transatlantiche è l'unica strada vincente". "Gli europei -
aggiunge bacchettando pure un po' l'Unione Europea per alcune
invasioni di campo nel regno della Nato sulle regolamentazioni -
devono capire che senza la Nato non c'è sicurezza in Europa:
l'80% della spesa per la difesa alleata proviene da alleati non
Ue".
Stoltenberg sul punto ne ha sia per gli americani che per gli
europei. "Barriere e tariffe tra i nostri Paesi aumenteranno i
costi, ridurranno la qualità e soffocheranno l'innovazione: il
protezionismo contro gli alleati non protegge la nostra
sicurezza", spiega. In ultima istanza, "siamo più forti e più
sicuri, Europa e Nord America, insieme nella Nato". Ora toccherà
a Mark Rutte tenere insieme la famiglia, ormai ampliata a 32
alleati.
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