(di Michele Esposito)
L'uso delle armi inviate a Kiev
in territorio russo allontana l'Italia dalla maggioranza
all'Eurocamera. A Strasburgo la plenaria ha infatti dato via
libera ad un passaggio cruciale, e ancora divisivo in Occidente,
del supporto all'Ucraina trovando però le delegazioni italiane
in larga parte contrarie. Forza Italia, Fdi, Lega, Pd, M5S,
Verdi e Sinistra, pur con numerosi distinguo, hanno votato
contro il paragrafo 8 della risoluzione, relativo proprio
all'uso delle armi contro obiettivi in Russia. Un voto, quello
degli europarlamentari, in linea con la posizione del governo,
tanto che è stato lo stesso ministro degli Esteri Antonio Tajani
ad anticiparlo in mattinata. Sul testo finale di sostegno più
generale all'Ucraina invece le delegazioni italiane si sono
nettamente spaccate: i dem, gli azzurri e i meloniani si sono
espressi a favore; mentre Lega, pentastellati e Verdi hanno
nuovamente votato contro.
In attesa dei sì dei singoli Paesi, l'Eurocamera sul dossier
ha fatto da avanguardia. Il paragrafo 8 della risoluzione
"invita gli Stati membri a revocare immediatamente le
restrizioni sull'uso delle armi occidentali consegnate
all'Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio
russo". Ed è su questo paragrafo che gli eurodeputati italiani
hanno votato in dissenso dalla maggioranza del Pe, e anche dai
loro gruppi di appartenenza. Ma neanche al loro interno le
delegazioni sono riuscite a mantenersi compatte. Nel Pd sono
emersi tre correnti: Elisabetta Gualmini e Pina Picierno hanno
votato a favore del paragrafo 8; dieci eurodeputati, incluso il
capodelegazione Nicola Zingaretti, hanno votato contro, in linea
con l'indicazione del partito; in 6 invece non hanno votato
affatto, incluso Stefano Bonaccini. Giorgio Gori, assente, ha
fatto sapere che avrebbe votato sì. Anche in Fi c'è stato
dissenso: Giusi Princi e Massimiliano Salini, a dispetto del
resto del gruppo, si sono espressi a favore dell'uso delle armi
in territorio russo. Sul tema sia il Pd sia Fi hanno votato in
dissenso dai loro gruppi di appartenenza, Ppe e socialisti.
Tanto che, alla fine il paragrafo 8 è passato con 377 voti a
favore, 191 contrari e 51 astenuti, ed è stato votato perfino da
una truppa di The Left, inclusa Carola Rackete. Contrari i
Patrioti mentre Ecr si è spaccata: i meloniani contrari, i
polacchi del Pis a favore.
Sul testo finale della risoluzione (che comprendeva anche
l'articolo 8 ma manifestava nel complesso un sostegno più
generale all'Ucraina) gli italiani sono invece tornati nei
ranghi della maggioranza. Il Pd - con l'eccezione degli astenuti
Cecilia Strada e Marco Tarquinio - Fi e Fdi hanno votato a
favore del testo. Lega, M5s e Verdi hanno invece mantenuto una
posizione fortemente anti-atlantista, votando contro. La
risoluzione ha incassato 425 voti a favore, 131 contrari e 63
astensioni, provocando l'ira di Mosca. "Ciò che chiede il
Parlamento europeo conduce verso una guerra mondiale con armi
nucleari", ha avvertito il presidente della Duma russa,
Viaceslav Volodin.
Il sì alla nuova risoluzione sull'Ucraina era particolarmente
atteso a Strasburgo ed è giunto alla vigilia del primo viaggio
da presidente rieletta di Ursula von der Leyen a Kiev. Un
incontro importante, nel quale si parlerà anche del supporto
dell'Ue alle infrastrutture energetiche ucraine. "Metà di queste
è andata distrutta", hanno spiegato a Bruxelles von der Leyen e
Fatih Birol, direttore esecutivo dell'Agenzia internazionale
dell'energia.
Il tema dell'utilizzo della armi ucraine in Russia è da
settimane al centro del dibattito in Europa. Il 29 agosto
scorso, al Consiglio Affari Esteri, Josep Borrell aveva tentato
di arrivare ad un via libera comune dei 27, trovando tuttavia
perplessità e opposizione di alcuni Paesi membri, a cominciare
da Germania e Italia. Gran parte delle cancellerie, Roma
inclusa, manifestarono invece l'opportunità di trattare il tema
a livello bilaterale con l'Ucraina. Una decisione comune, in
quella riunione, non sarebbe stata comunque possibile
trattandosi di un Consiglio Affari Esteri informale. Ma il tema,
presto, tornerà sui tavoli europei. E sul punto Giorgia Meloni e
Ursula von der Leyen sono distanti.
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