(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Ursula von der Leyen, dopo aver
passata la boa della presentazione della nuova squadra, si è
concessa l'ottava visita a Kiev per incontrare il presidente
Volodymyr Zelensky e coordinare le prossime mosse, data la
centralità dell'Ucraina per le sorti dell'Ue. In dono, questa
volta, Ursula ha portato un prestito da 35 miliardi di euro
potenziali e un piano d'emergenza per sostenere l'infrastruttura
energetica del Paese, martellata incessantemente dai russi.
Fatih Birol, direttore esecutivo dell'Agenzia Internazionale
dell'Energia (Aie), alla vigilia del viaggio di von der Leyen,
aveva lanciato l'allarme: "Per l'Ucraina rischia di essere
l'inverno più difficile".
Vediamo per prima cosa la questione del prestito. La cornice
è quella dell'accordo raggiunto al G7 pugliese, in cui i leader
si erano impegnati a fornire all'Ucraina 50 miliardi di dollari
con, a garanzia, i profitti degli asset della Banca Centrale
russa immobilizzati in Europa. Bene. Peccato che gli Usa, poi,
abbiano sollevato obiezioni al metodo usato dagli europei per
applicare le sanzioni ai circa 200 miliardi presenti nei conti
della belga Euroclear: la conferma ogni sei mesi. Servirebbe,
sostiene Washington, un orizzonte più lungo. L'alto
rappresentante Josep Borrell dunque presenterà a breve un
regolamento per far sì che, solo ed unicamente su questo
aspetto, le sanzioni durino 36 mesi. Ma c'è un problema.
Budapest (sempre lei) si dice in disaccordo. Sarebbe bene
aspettare le elezioni presidenziali, sai mai che poi vince
Donald Trump e tutto cambia. E siccome per questo passaggio
serve l'unanimità, regna l'incertezza.
La Commissione però ha trovato una soluzione. Innanzitutto
propone d'istituire "un meccanismo di cooperazione per i
prestiti all'Ucraina", che sosterrà l'Ue e i partner del G7
nell'erogazione di prestiti fino a 45 miliardi di euro (ovvero i
famosi 50 miliardi di dollari) garantiti dagli asset russi. Una
scatola, insomma. Dopo, per riempirla, sempre l'esecutivo Ue
chiede agli Stati membri di approvare un altro prestito ancorato
al bilancio europeo (come fatto in passato), in modo da schivare
il veto ungherese, dato che in questo caso serve solo la
maggioranza qualificata. "Noi facciamo la nostra parte e sono
certa che altri faranno la loro", ha detto von der Leyen a Kiev,
riferendosi chiaramente agli Usa e ai partner restanti del G7
(Canada, Regno Unito e Giappone, in teoria responsabili di 10
miliardi).
Non è poco. L'Ue, di fatto, davanti alle incertezze degli Usa
anticipa i quattrini. Cosa che potrebbe fare anche Washington,
garantendo con un pagherò del Tesoro nel caso in cui
l'articolato schema vada a rotoli. "Tanto più che sono stati
proprio gli americani a spingere per dare a Kiev questi 50
miliardi", nota un alto funzionario europeo. Per carità, il
razionale non fa una grinza: l'Ucraina ha bisogno subito di
molti fondi, non tanti pagamenti diluiti nel tempo. Von der
Leyen ha infatti chiarito che Kiev potrà spendere i soldi come
vuole, anche in armi. Zelensky sul punto è stato chiarissimo. "È
fondamentale - ha detto - che noi possiamo usare i fondi del
Fondo Europeo per la Pace e del Fondo per l'Ucraina per
sostenere le nostre forze armate: questi fondi non devono essere
bloccati perché questo avrebbe un impatto sulla nostra capacità
di sostenere i nostri militari al fronte".
Ma, come anticipato, c'è anche il fronte dell'energia. "Non
vi lasceremo al buio", ha promesso von der Leyen. Dall'inizio
della guerra, infatti, metà dell'infrastruttura energetica del
Paese è stata distrutta, eliminando una capacità di produzione
pari a 9 GW. Ecco, l'Ue - tra esportazione di elettricità e
ripristino della generazione in loco, con investimenti mirati da
160 milioni di euro - punta a recuperare "4,5 GW". Naturalmente
la prossima tappa è il viaggio di Zelensky a Washington, dove
presenterà il suo piano per chiudere la guerra "in modo
sostenibile". Perché ormai è chiaro che, Trump o non Trump, il
conflitto non può protrarsi all'infinito.
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