(di Mattia Bernardo Bagnoli)
I russi sono entrati a Vuhledar,
martoriata cittadina del Donetsk finita per essere una delle
tante linee del fronte. Cittadina da 14mila anime prima della
guerra, ormai non è altro che un cumulo di macerie, dove pare si
ostinino a vivere un centinaio di civili, che evidentemente non
hanno altre alternative; simbolo della fiera resistenza ucraina,
come Bakhmut e Avdiivka prima di lei, ora rischia di essere un
altro tassello della ritirata nel Donbass, a testimonianza della
fase molto delicata che sta vivendo l'Ucraina, al netto
dell'operazione-immagine del Kursk.
Nel mentre, a Bruxelles, Jens Stoltenberg ha ceduto il
testimone a Mark Rutte - consegnandogli il martelletto del
segretario generale, nella fattispecie un pezzo da collezione
degli anni '60 usato solo per le grandi occasioni - completando
così il lungo processo di successione. L'ex premier olandese ha
confermato che l'Ucraina sarà una delle sue "tre priorità" (le
altre due sono la deterrenza e la difesa, ovvero il core
business della Nato, e le partnership globali, in primis con
l'Unione Europea). Il prossimo passo, in questo senso, sarà il
vertice in Germania del formato di Ramstein, questa volta a
livello di leader. Lo ha voluto Joe Biden per fare il punto
sugli aiuti militari nonché sull'uso che Kiev può farne,
compresi gli agognati missili a lungo raggio.
"Chi fa pressione sui nostri partner affinché non ci
consegnino armi a lungo raggio capaci di colpire sul territorio
russo ci sta legando le mani, cosi non possiamo proteggere non
solo la nostra nazione ma anche l'Europa, compreso il popolo
italiano", ha ribadito all'ANSA l'ex presidente ucraino Petro
Poroshenko durante la sua visita all'Eurocamera a Bruxelles.
Rutte, incalzato sul punto, si è limitato a dire che "sono i
singoli alleati a dover decidere" ma ha detto pure di
"comprendere" le richieste di Kiev, peraltro in linea con il
diritto internazionale. "Quest'anno - ha notato - abbiamo visto
le forze russe compiere alcuni limitati guadagni sul campo di
battaglia benché questi progressi, non dimentichiamolo, sono
stati costosi". Si parla di "1.000 morti o feriti" al giorno tra
i russi. Numeri esorbitanti. Ma evidentemente non sufficienti
per fermare il Cremlino.
Allora serve un serio check-up, dentro e fuori l'Alleanza. In
pubblico e in privato ormai si discute apertamente dell'esigenza
di una nuova strategia, anche da parte di Volodymyr Zelensky,
che non può continuare a promettere una vittoria totale sempre
più irrealistica. Secondo fonti ben piazzate del Financial
Times, Biden potrebbe essersi deciso a far "avanzare" il dossier
dell'ingresso dell'Ucraina nella Nato sulla falsariga del
modello della Germania Ovest, ammessa nell'Alleanza quando era
ancora divisa e occupata dai sovietici. Se ne parla da mesi e
potrebbe rientrare in uno scenario più ampio, che comprende il
negoziato con Mosca, per arrivare perlomeno ad una tregua nel
2025.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, guarda caso, starebbe
pianificando una telefonata con Vladimir Putin (stando ai media
tedeschi). Se confermato, sarebbe degno di nota. L'ultimo
contatto fra i due risale al dicembre 2022 ed è risaputo il
ruolo di pontiere della Germania con la Russia - persino fin
troppo, se si presta orecchio alle capitali del fianco est della
Nato. Insomma, le notizie che vengono dal fronte vanno
ricomposte in un mosaico articolato. Il Cremlino lo sa e sta
spingendo sull'acceleratore. Nel mirino ora c'è lo snodo
strategico di Pokrovsk: la sua conquista sarebbe d'importanza
ben più che simbolica.
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