STRASBURGO - Viktor Orban contro tutti. Contro Ursula von der Leyen, i Popolari, i Socialisti, i Liberali. Contro un governo comunitario che ha perso da tempo la fiducia nel premier ungherese. L'atteso intervento del leader di Budapest all'Eurocamera si è trasformato, come da programma, in un unico grande ring. Le priorità della presidenza del semestre di turno sono passate in secondo piano, travolte da un infinito lancio di reciproche accuse, con la presidente della Commissione insolitamente impegnata a puntare il dito contro il suo più acerrimo avversario interno. Il premier magiaro ha iniziato il suo intervento con il freno a mano tirato, sciorinando le falle di un'Europa da cambiare e la buona volontà di una presidenza esplicitamente ispirata dal Rapporto Draghi. Competitività, agricoltura, migranti, allargamento: Orban ha elencato le sue priorità, usando il pugno di ferro sul dossier migranti. "L'unica soluzione - ha scandito - sono gli hotspot esterni all'Ue. Altrimenti gli immigrati clandestini non lasceranno mai l'Europa. Persone che hanno portato violenza, antisemitismo, omofobia". Il leader di Fidesz, che ha messo inizialmente il dossier ucraino ai margini, ha quindi rilanciato l'idea di un Consiglio dei leader di Schengen da affiancare a quello europeo, nonché quella di un Patto per la competitività, suo obiettivo al summit informale di inizio novembre sulle rive del Danubio. Difficilmente, tuttavia, le sue aspettative saranno premiate. Subito dopo Orban a prendere la parola è stata von der Leyen.
La numero uno dell'esecutivo Ue, forte di un potere che andrà moltiplicandosi nel suo secondo mandato, non ha usato il fioretto. "L'Ungheria va in una direzione contraria al mercato unico, ha aperto le porte a russi e cinesi e liberato prima dello sconto della pena contrabbandieri e trafficanti", ha tuonato von der Leyen facendo una netta divisione tra il popolo ungherese e il primo ministro che da più lustri li governa. Un fiume in piena, Ursula. "C''è ancora chi dà la colpa della guerra non all'invasore ma all'invaso. Mi domando: sarebbe stata data la colpa agli ungheresi per l'invasione sovietica del 1956? Possiamo avere storie e lingue diverse in Europa, ma non c'è lingua in cui pace è sinonimo di resa".
A quel punto lo spartito del dibattito in Aula è cambiato. Peter Magyar, il leader dell'opposizione in Ungheria, è salito sugli scudi promettendo "la presa dell'Ungheria". E ad incendiare ulteriormente la Plenaria ci ha pensato il botta e risposta tra Ilaria Salis e Orban. "L'Ungheria è un regime repressivo e autoritario. Sono stata detenuta preventivamente per 15 mesi e sono qui solo grazie alla solidarietà di migliaia di cittadini antifascisti", ha sottolineato l'eurodeputata di Avs tra gli applausi della Sinistra, che poco prima aveva intonato 'Bella Ciao'.
Orban ha preso appunti. E ha risposto. "Trovo assurdo che chi ha picchiato con delle sbarre di ferro persone pacifiche parli di diritto", sono state le parole della sua ultima replica, quando von der Leyen aveva già lasciato l'Aula. Poco prima aveva bollato il dibattito come "intifada politica" e come "propaganda a buon mercato" quella degli europeisti che, da Weber a Garcia Perez fino a Hayer lo avevano duramente attaccato, parlando di una Ungheria isolata, corrotta e meritevole di perdere il diritto di voto al Consiglio europeo. "In Ucraina stiamo perdendo, la strategia va cambiata. Sulle sanzioni vige il potere dell'ipocrisia, sulla corruzione l'Eurocamera fa davvero sul serio?", è stata la provocazione lanciata dal premier ungherese, con implicito riferimento al Qatargate.
A difendere Orban il fronte dei Patrioti. Folto e pronto a fare la sua parte. Tanto che, a taccuini chiusi, all'Eurocamera più di una fonte parlamentare ha parlato di "circo" adombrando quello che, per i filo-Ue, è il vero pericolo all'orizzonte: l'abbraccio del Ppe ai sovranisti su alcuni temi, dalla politica estera al Green Deal. In mezzo, la compagine di Ecr, divisa tra euroscettici del Pis e i meloniani, il cui intervento in Aula è stato un inno all'equilibrismo. In attesa che la nomina di Raffaele Fitto a vice presidente della Commissione faccia chiarezza sul loro futuro.
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