(di Silvia Gasparetto e Michele Esposito)
Ancora una volta un atto
"pretestuoso" e pure "arrogante". Che cerca di bloccare l'azione
del governo. Giorgia Meloni è furente. I contatti con i suoi, a
Roma, sono frenetici per tutta la giornata e alla prima
occasione utile, un punto stampa a Beirut che era stato
immaginato di tutt'altra natura, lascia trasparire tutta la sua
irritazione per una decisione "pregiudiziale" della
magistratura, che ha bocciato i trasferimenti dei primi migranti
nei centri in Albania. Un protocollo di cui l'Italia punta a
fare un modello europeo, sostenuta dalla stessa presidente della
Commissione, Ursula von der Leyen. E che doveva prestarsi alla
narrazione di un grande successo nel nuovo corso delle politiche
migratorie.
Per correre ai ripari già nel Consiglio dei ministri di
lunedì Meloni ha annunciato nuove norme (puntando, tra l'altro,
a velocizzare l'esame delle domande di asilo e, forse a rivedere
i meccanismi dei ricorsi). Le nuove regole dovranno ribadire -
in punta di diritto - che spetta al governo, non ai giudici,
indicare quali siano i Paesi sicuri. Altrimenti, è il
ragionamento che si fa ai piani alti dell'esecutivo, nessuna
azione di contrasto all'immigrazione illegale sarà più
possibile. In sostanza sarà impossibile attuare una "politica di
difesa dei confini". Una "forzatura", una azione che travalica
gli argini, che "scavalca ogni prerogativa di governo e
Parlamento", sono le analisi che rimbalzano tra gli esponenti
dell'esecutivo. A fare innervosire non è solamente l'ordinanza
del tribunale di Roma, contro la quale è già pronto il ricorso,
ma anche il fatto che già fosse stata preannunciata il giorno
prima da esponenti della "sinistra". Altro elemento che
confermerebbe, secondo i meloniani, che c'è una parte della
magistratura politicizzata. Che la decisione sia
"pregiudiziale", dice peraltro la stessa premier, "lo dimostra"
il fatto che "alcuni di questi giudici avevano criticato
l'accordo con l'Albania ancora prima di entrare nel merito",
oltre appunto all'anticipo da parte di "esponenti del Partito
democratico". Un fatto, sottolinea Meloni, che non può non
"colpire".
L'intoppo dei trasferimenti in Albania è seguito con
attenzione anche da Bruxelles, ma a Palazzo Berlaymont non si
respira aria di allarme visto che il dispositivo, ragionano con
l'ANSA fonti vicini al dossier, ad una prima lettura non sembra
riguardare in sé il protocollo con l'Albania ma la definizione
dei Paesi sicuri. Un nodo, quest'ultimo, su cui potrebbe
arrivare un intervento europeo, finalizzato a dare una nuova
definizione di Paese sicuro. Il punto di riferimento resta il
Patto di Migrazione e asilo nel quale, rispetto alle norme
vigenti, c'è una sostanziale novità: affinché un Paese sia
sicuro basta che lo sia "in parte". Il vulnus, quindi, non
sarebbe nel Protocollo Albania che, per la presidente della
Commissione, resta valido e percorribile. Non a caso, fonti
dell'esecutivo Ue, interpellate sulla decisione dei giudici
italiani, si limitano ad una serena presa d'atto". Nell'attesa
che le norme comunitarie cambino.
Politicamente la questione resta comunque delicata: alla
vigilia delle audizioni per la conferma dei nuovi commissari la
tensione, in particolare con i socialisti e Renew, era già alta
e il dossier migranti non può che inasprire gli animi. Berlino e
Madrid già si erano chiamati fuori e pure Parigi, dopo un
iniziale tentennamento, ha chiarito che "il modello Albania non
è trasferibile in Francia". Difficile, minimizzano i
Conservatori, che questo possa avere davvero un effetto sul
destino di Raffaele Fitto, che nel frattempo ha incassato il
sostegno esplicito anche dei Patrioti. Il gioco dei veti
incrociati sarebbe "un gioco al massacro" per tutti, è
l'argomento che imperversa a Dubrovnik dove Ecr party ha
chiamato anche Popolari e Patrioti a convegno su un tema
unitario, quello della famiglia.
Certo a complicare il percorso del commissario designato
italiano si aggiunge pure l'annosa questione dei balneari. Anche
su questo dossier, come sui migranti, ci sono contatti in corso
tra Roma e Bruxelles, che sta valutando le richieste di
ulteriori modifiche all'intesa avanzate durante l'esame
parlamentare delle nuove norme sulle gare per le concessioni
delle spiagge. Ma Roma ha pochi, pochissimi margini.
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