(di Marcello Campo)
Si aggrava ancora il bilancio
dell'alluvione che ha messo in ginocchio i comuni della cintura
a sud di Valencia: al momento si contano almeno 211 vittime, ma
sono ancora tanti i dispersi. Grande emozione ha suscitato il
salvataggio di una donna rimasta intrappolata tre giorni nella
sua auto in fondo a un sottopassaggio. Ma è l'unica storia a
lieto fine in un giorno in cui cresce fortissima la
preoccupazione che il bilancio finale delle vittime possa essere
molto più pesante: c'è soprattutto paura che nei garage ancora
allagati i sub militari possano trovare molti altri cadaveri.
Dopo il lutto nazionale, ha parlato il premier Pedro Sanchez:
un intervento molto atteso dopo le furibonde polemiche sui
ritardi negli aiuti e il rimpallo di accuse tra il governo
centrale e quello regionale del popolare Carlos Mazon. Il leader
socialista ha assicurato che il suo esecutivo è pronto a fare di
tutto per salvare vite umane e stare a fianco delle popolazioni
colpite, annunciando l'invio di ulteriori 10mila uomini sul
terreno, tra militari e poliziotti. Quindi ha accuratamente
evitato ogni cenno polemico, consapevole che ora è il momento
della collaborazione tra le istituzioni: "Ci sarà il tempo di
guardare indietro e appurare le responsabilità e le negligenze.
Dobbiamo mettere da parte i contrasti e le differenze
ideologiche. Ora - è stato il senso del suo appello - è
necessario orientare gli sforzi al colossale compito che abbiamo
davanti, mantenere il nostro Paese unito nell'avversità e nella
solidarietà". Con questo spirito il premier ha annunciato "il
maggior dispiegamento di forze militari in Spagna in tempo di
pace". Con l'invio annunciato oggi, saranno oltre 17.500 gli
uomini in divisa a soccorrere gli alluvionati.
Tuttavia, consapevole dell'indignazione che sta montando tra
le popolazioni colpite dalla Dana, spesso abbandonate a se
stesse, Sanchez ha ammesso che non tutto è andato per il verso
giusto: "Sono consapevole che la risposta che si sta dando non è
sufficiente. So che ci sono problemi e carenze gravi, che ci
sono ancora servizi al collasso, comuni sepolti dal fango. Case
distrutte. So che dobbiamo fare meglio". Ma l'autocritica del
premier si è fermata qui, facendo intuire che i conti veri si
faranno una volta pulite le strade e ristabilita la normalità. A
quel punto è chiaro che ci sarà un redde rationem che si
annuncia politicamente durissimo.
Senza dare troppa enfasi, Sanchez ha spiegato che a questo
punto non era il caso che il governo centrale sostituisse
l'autorità regionale dalla guida delle operazioni. Per cui si
andrà avanti con una gestione congiunta della crisi, Stato
centrale e Regione. Un passaggio non scontato, alla luce delle
scelte controverse di Mazon nelle prime ore della Dana e non
solo. Dopo aver sottovalutato l'intensità delle piogge e aver
lanciato l'allarme con fatale ritardo, El Pais ha ricostruito
che il governatore, malgrado la gravità assoluta
dell'inondazione, non ha dichiarato 'l'emergenza catastrofica',
il livello di mobilitazione più alto previsto dalla legge
locale. Se lo avesse fatto, secondo lo statuto regionale, Mazon
avrebbe "assunto il comando e la direzione esclusiva di tutte le
attività di emergenza". Diventando a quel punto non solo
politicamente ma anche giuridicamente responsabile dell'intera
operazione di lotta alla Dana e alle sue conseguenze. Il comando
unico, invece, è passato all'assessore regionale responsabile
della protezione civile Salomé Pradas. Sotto di lei, il massimo
responsabile è il direttore dell'Agenzia Valenciana per la
sicurezza, Emilio Argüeso, che candidamente ha ammesso di essere
entrato nel posto di comando avanzato solo il giorno dopo
l'alluvione. In pratica, la direzione tecnica del Cecopi, il
Centro integrato di coordinamento operativo, il cervello delle
operazioni di emergenza e di aiuto alle popolazioni, è stata
esercitata nelle ore cruciali da José Miguel Basset, l'ispettore
capo del Vigili del Fuoco di Valencia. Troppo poco, davanti al
disastro del secolo.
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