(di Marcello Campo)
Aveva 13 anni, quella notte del
23 febbraio del 1981. Il padre, re Juan Carlos, lo costrinse a
stare al suo fianco, nel suo studio, nelle ore drammatiche in
cui la Spagna rischiò un nuovo colpo di Stato. Era seduto sul
divano mentre il monarca, in diretta tv, dopo la mezzanotte,
pronunciava il celebre discorso in cui difendeva la Costituzione
e ordinava ai militari il ritiro immediato. Poco dopo Tejero si
sarebbe arreso. Insomma, già in quelle ore imparò il mestiere di
guidare un Paese in mezzo alla tempesta. E chissà se stamane il
sangue freddo con cui Felipe ha saputo affrontare la durissima
contestazione degli alluvionati non gli sia arrivato da
quell'esperienza.
Del resto non è sbagliato sottolineare che l'immagine del re,
sporco di fango, che avanza a piedi, a Paiporta, mentre attorno
a lui volano oggetti e insulti rimarrà nella storia della Spagna
moderna. In questo piccolo centro, distrutto dalla piena più
grave del secolo, ha probabilmente superato la prova più
difficile da quando è salito sul trono, dieci anni fa. Da molto
tempo è abituato a subire contestazioni in Catalogna, come nei
Paesi Baschi. Ma stavolta è stato diverso: accompagnato solo
dalla moglie Letizia, non una nobile ma una ex giornalista della
tv pubblica, è riuscito ad evitare il linciaggio e ad ascoltare
chi gli urlava la sua rabbia e la sua indignazione per essere
stato lasciato solo. In un momento drammatico per tutto il
Paese, mentre le autorità politiche nazionali e locali si
defilavano, lui, l'ultimo dei Borboni, è diventato l'unico punto
di contatto tra i cittadini e le istituzioni, l'unico esponente
di Madrid, del potere centrale, "a metterci la faccia", come
nota l'Abc, che per onestà è il giornale più monarchico di
Spagna.
Del resto il suo regno, sin dall'inizio, è stato segnato
dalle difficoltà: nel giugno 2014 è salito al trono dopo la
clamorosa abdicazione del padre, travolto dagli scandali. Era
consapevole che l'intera istituzione monarchica godeva di una
popolarità al minimo storico: nessuno in Spagna era più disposto
a perdonare gli sprechi di denaro di Juan Carlos, i suoi viaggi
esotici a spese dei contribuenti, le sue amanti e le sue
evasioni fiscali. Per non parlare delle ruberie dell'ex cognato.
Ma da subito Felipe s'è impegnato a fondo per prendere le
distanze da quella famiglia imbarazzante, pur di riavvicinare la
Zarzuela alla gente comune. Prima di tutto ha stabilito un
regime di trasparenza e di sobrietà, riducendo di molto il
budget di corte, quindi ha cercato di togliere polvere
all'istituzione, cercando di accompagnare lo sviluppo tumultuoso
della società spagnola con accortezza, in punta di piedi.
Oggi però no. Nella sua giacca sportiva, informale,
circondato da ombrelli che lo proteggevano dai lanci di fango, è
andato avanti. Con il suo metro e 97 centimetri spiccava tra i
contestatori, sapendo che il suo posto era là, che quello era il
suo momento, se voleva rilegittimare definitivamente il suo
ruolo di simbolo dell'unità nazionale di un Paese sempre più
diviso e polarizzato, non solo destra contro sinistra ma centro
contro comunità autonome.
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