(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Il Gianburrasca dell'Unione
Europea, Viktor Orban, non ha perso tempo per entrare a gamba
tesa sulla questione del mandato di arresto spiccato dalla Corte
Penale Internazionale ai danni di Benyamin Netanyahu. "Lo
inviterò a venire in Ungheria dove posso garantirgli che la
sentenza non avrà alcun effetto", ha dichiarato il magiaro nel
corso di un'intervista alla radio statale. Ora, la decisione
della Cpi ha generato scosse telluriche all'interno dell'Unione
Europea, che aderisce in blocco allo Statuto di Roma ma, allo
stesso tempo, vive all'interno di sé sensibilità molto diverse
rispetto alla guerra a Gaza. Ma Orban, come al solito, ha scelto
immediatamente di esasperare i toni.
L'Ungheria, se il premier israeliano arrivasse davvero sul
suo suolo e non fosse arrestato, "violerebbe i suoi obblighi
legali internazionali e la posizione dell'Ue sulla Corte penale
internazionale", ha detto all'ANSA un alto funzionario Ue.
Budapest, infatti, ha ratificato l'accordo sulla giurisdizione
della Corte ed è tenuta a far rispettare i mandati di arresto,
pena il deferimento all'assemblea degli Stati membri. Che poi è
esattamente quanto accaduto alla Mongolia quando non ha
ammanettato Vladimir Putin nel corso della sua visita lo scorso
settembre. Ecco, nel caso di Orban è quantomeno coerente sulla
linea: annunciò che non avrebbe applicato le disposizione
nemmeno se il presidente russo si fosse recato in Ungheria (cosa
mai accaduta, va ricordato). La Commissione, in serata, ha
ufficialmente rammentato agli Stati membri che hanno l'obbligo
di rispettare le prescrizioni della Corte. "L'Unione Europea
rispetta la sua indipendenza e la sua imparzialità", ha
rimarcato un portavoce.
"Sembra che Orban sia tornato a trollare con la fine della
presidenza in vista", ha confidato invece una fonte diplomatica,
ricordando appunto che Budapest, sino al 31 dicembre, guida il
Consiglio Ue (dal primo gennaio le succederà Varsavia). "Non
sono sicuro cosa possano fare gli Stati membri al riguardo", ha
notato ancora la fonte, precisando che la prossima settimana ci
sarà una riunione del comitato dei rappresentanti permanenti -
Coreper - e la questione potrebbe essere sollevata. "Al momento
non c'è nulla in agenda", ha affermato un altro diplomatico.
L'imbarazzo ad ogni modo è palpabile, dato che quando l'Aja
spiccò il mandato ai danni di Putin il plauso tra i 27 fu
(quasi) unanime e ora, invece, alcune capitali molto vicine a
Israele - e in certi casi alleate di ferro di Kiev - si trovano
spiazzate, anche perché l'accusa a quel punto di doppi standard
da parte del Sud Globale è a portata di mano.
Netanyahu non ha perso tempo e ha ringraziato Orban per
l'invito, elogiandone la "chiarezza morale". Sonore bordate
arrivano anche dagli Usa (che non hanno mai sottoscritto lo
Statuto di Roma, come Russia e Cina). Per il presidente uscente
Joe Biden i mandati di arresto sono "scandalosi" - sulla
graticola c'è pure l'ex ministro della Difesa Yoav Galant -
mentre Donald Trump ha ribadito che gli Stati Uniti saranno
"sempre a fianco d'Israele contro le minacce alla sua
sicurezza". A completare il giro dei grandi dell'Onu - con
potere di veto - c'è la Cina (la Corte adotti e persegua "una
posizione oggettiva"), la Russia (le sentenze dell'Aja "per noi
sono insignificanti"), la Francia ("prendiamo atto") e la Gran
Bretagna ("rispetteremo i nostri obblighi legali").
Se Londra, tra i big europei, ha adottato la posizione
probabilmente più netta, Berlino si è mostrata invece molto più
cauta. "Esamineremo coscienziosamente i passi da compiere",
scrive in una nota il portavoce del cancelliere, precisando che
azioni ulteriori saranno compiute "solo quando sarà prevedibile
una visita in Germania del primo ministro Netanyahu e dell'ex
ministro Galant". L'Iran naturalmente festeggia. Il capo delle
Guardie Rivoluzionarie iraniane, il generale Hossein Salami, ha
definito infatti il mandato d'arresto come la "fine e la morte
politica" d'Israele.
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