Le lezioni sui conti pubblici impartite al Sud, l'avversione granitica al debito comune, la fedeltà a un Patto di stabilità rigido. Al primo test dall'entrata in vigore delle nuove norme di bilancio, i falchi del Nord vedono sgretolarsi le loro certezze e, bocciati dall'Europa, si riscoprono più vulnerabili.
La Germania, in piena crisi politica ed esistenziale, vede la sua manovra rimandata perché "non in linea" con le raccomandazioni di spesa. L'Olanda dal nuovo volto dell'ultradestra di Geert Wilders subisce - l'unica nel club europeo - una bocciatura senza appello. Ma il fronte si allarga anche a Finlandia, Estonia e Lussemburgo. Fino all'insospettabile Austria, non ancora punita con una procedura per disavanzo eccessivo, ma con un deficit proiettato oltre il 3% del Pil già quest'anno.
Nel giorno in cui, a Berlino, Angela Merkel ha svelato la sua autobiografia aprendo alla riforma del famoso freno al debito che lei stessa ha scolpito in costituzione, la Germania sembra inciampare sul suo stesso modello. Il piano di bilancio tedesco - risultato di un duro braccio di ferro interno alla coalizione semaforo appena collassata con la cacciata del titolare delle Finanze, Christian Lindner - non soddisfa pienamente gli obiettivi Ue del 3% del rapporto deficit/Pil e del 60% del debito. Non è andata meglio ai Paesi Bassi, alfieri dei frugali durante la lunga era Rutte e ora paladini dei sovranisti: il loro piano pluriennale è oltre i parametri, con una "spesa netta prevista superiore al tetto" sia in termini annuali che cumulativi. E per Vienna, che promette correzioni, le proiezioni restano in salita: deficit oltre il 3% anche per il 2025 e 2026. I falchi del Nord, una volta guardiani del rigore, si ritrovano dalla parte degli imputati in un'Europa al contrario: le loro ricette non convincono e disattendono i criteri di un Patto di stabilità rinegoziato appena un anno fa su paletti rigidi imposti proprio da Berlino e L'Aja, diventati invece un autogol.
"Ci sono alcune regole rigide, ma non sono io quello che le ha volute. Quindi se ci sono, e non sto puntando il dito contro nessuno, è perché qualcuno lo ha chieste...", è stata l'allusione del commissario Ue uscente per l'Economia, Paolo Gentiloni, impegnato da mesi a chiedere nuovo debito comune per le priorità europee come la difesa - sostenuto anche dall'ex premier Mario Draghi - continuando tuttavia a trovare il 'nein' del fronte nordico.
"Eviterei facili categorizzazioni dei Paesi", ha cercato di smorzare il vicepresidente Valdis Dombrovskis. Ma, di contro, nella sua valutazione Bruxelles ha attribuito buoni voti ai piani di bilancio di otto Paesi dell'Eurozona che - pur restando le colombe dell'economia continentale con i livelli di debito più alto e sotto stretta sorveglianza (è il caso anche di Italia, Francia, Belgio, Malta) - sono giudicati sulla giusta via per ridurre i disavanzi eccessivi, anche se presentano squilibri più gravi. Loro, nelle parole di Gentiloni, "hanno dimostrato una consapevolezza molto più forte" sulla necessità di disciplina fiscale.
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