(dell'inviato Mattia Bernardo Bagnoli)
Kaja Kallas non è ancora
ufficialmente alto rappresentante dell'Unione Europea mentre,
nella notte, le ferrovie ucraine la stanno portando verso Kiev.
Il passaggio avviene alla mezzanotte, come nelle fiabe. "Sono
mesi che i miei amici si vogliono congratulare ma non possono",
confida con un sorriso. L'Ue e i suoi bizantinismi. Kallas, in
una mossa dall'alto valore simbolico, ha deciso di debuttare in
Ucraina, al fianco del presidente del Consiglio Europeo Antonio
Costa. "Per l'Ue è la più grave crisi di sicurezza, io credo non
si debba escludere nulla e mantenere una certa ambiguità
strategica", dice quando le si chiede se i soldati europei
potrebbero avere un ruolo in Ucraina, magari per vigilare sul
rispetto della tregua immaginata da Donald Trump.
Ecco, Trump. L'ex premier estone sta già "costruendo ponti
con l'amministrazione statunitense". "Ma quando sento i
resoconti degli Stati membri che hanno avuto colloqui con
l'amministrazione Trump... beh, non dicono più che è così facile
porre fine a questa guerra", confida Kallas nel corso della
prima intervista da nuovo alto rappresentante Ue, rilasciata
all'ANSA e ad un ristretto gruppo di media internazionali a
bordo del treno verso Kiev. "Forse dovremmo domandarci se la
tregua non serva ai russi per non rinunciare ai loro obiettivi
perché per l'Ucraina è dura, al momento, ma stiamo
sopravvalutando Mosca: la loro economia è entrata in una fase
difficile, tra sanzioni, deficit, inflazione, mancanza di
personale", spiega. Dunque è anche "nell'interesse degli Usa"
continuare a sostenere l'Ucraina, perché una vittoria di Mosca
"rafforzerebbe la Cina, l'Iran e la Corea del Nord, che già
operano insieme".
In particolare l'arrivo delle truppe nord coreane è una
"svolta nel conflitto", non solo in prospettiva europea.
"Cambiano le carte in tavola anche per i Paesi più lontani, come
l'America Latina o l'Africa, dove c'è un enorme coinvolgimento
di mercenari russi. Perché dimostra la logica del se 'tu mi
aiuti io ti aiuto' e lo possiamo vedere anche in Siria", nota
Kallas, precisando però di non voler approfondire la discussione
su quanto sta accadendo in queste ore perché i "segnali sono
troppo confusi". "Mi limito a dire - argomenta - che questi
processi sono collegati tra loro e dovremmo osservare il quadro
generale". Per quanto riguarda l'Africa, Kallas dice di essersi
appena incontrata con il commissario per i Parternariati
internazionali per discutere come fare per avere un approccio
"più efficace", perché sono "i nostri vicini".
In generale, secondo Kallas, ci sono molte opportunità per
l'Ue nel mondo ma è necessario cambiare approccio, perché la
Cina e la Russia sono molto attive e l'Europa ha tutte le carte
per non esserlo meno. "Siamo 27 Paesi, abbiamo la Commissione,
il Consiglio, l'Alto rappresentante: sincronizziamo le agende,
evitiamo di andare tutti in un Paese e poi dimenticarne un altro
per anni", rimarca. "Ho già discusso la questione con molti
ministri degli Esteri", assicura.
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