BRUXELLES - "L'Ucraina ha bisogno di decisioni storiche, non telefonate a Vladimir Putin". Il ministro degli Esteri Andrii Sibiha non ha espresso, perlomeno pubblicamente, la richiesta di un invito ad entrare nella Nato - al contrario di quanto ventilato in precedenza - ma il riferimento è chiaro. Arrivando alla ministeriale esteri dell'Alleanza, ha evocato infatti il fantasma del memorandum di Budapest, che compirà 30 anni il prossimo 5 dicembre.
"Rinunciare alle armi atomiche senza garanzie di sicurezza efficaci fu un errore strategico", afferma Kiev. E per correggerlo serve oggi "il pieno ingresso nella Nato", null'altro. Mosca, naturalmente, ha risposto: niet.
L'ultima ministeriale di Antony Blinken, il segretario di Stato Usa che ama l'Europa, si consuma dunque tra striscianti tensioni - cosa fare con l'Ucraina e sull'Ucraina - e nuovi allarmi. Il segretario generale Mark Rutte ha puntato il dito senza mezzi termini contro Russia e Cina, colpevoli di aver tentato negli ultimi anni di "destabilizzare le nostre democrazie con atti di sabotaggio, attacchi informatici, disinformazione e ricatti energetici, per intimidirci". Un andazzo che va peggiorando. Ecco perché i ministri incaricheranno la Nato di elaborare "una nuova strategia per contrastare la guerra ibrida". La situazione a quanto pare è seria, tanto che le bocche, di solito abbastanza cucite sulla materia, si scuciono volentieri, evidentemente per lanciare un messaggio ben preciso.
"La campagna contro di noi è costante", spiega un alto funzionario alleato. I principali attori sono Russia e Cina, certo, ma anche l'Iran e la Corea del Nord sono coinvolti.
Pechino, in particolare, ha "preposizionato software malware nelle infrastrutture critiche con intenzioni sia di spionaggio che di frizione al sistema". La Russia - oltre a piazzare pure lei i malware, privilegiando però i sistemi di controllo industriale - è invece attiva in operazioni di sabotaggio "con un crescente appetito a causare danni a strutture e alla vita delle persone". In pratica colpiscono e siccome succede poco in risposta, alzano il tiro. Una dinamica pericolosa che va interrotta. Aggiornando appunto la strategia di risposta, ferma al 2015, e dunque non più rilevante. Una delle questioni più delicate è la possibile collaborazione tra la Russia e la Cina in questa campagna, in nome della partnership senza limiti siglata tra Vladimir Putin e Xi Jinping. "Abbiamo visto due danneggiamenti da parte di navi cinesi: una aveva un capitano russo, un'altra era partita da un porto russo. Non ho prove per dire che sia coordinato ma non sono un ingenuo, questo è quello che potrebbe significare la partnership tra Mosca e Pechino", evidenzia il funzionario della Nato.
Tornando all'Ucraina - i ministri si sono riuniti a cena con Sibiha e la nuova alto rappresentante Ue Kaja Kallas - la questione del possibile negoziato di pace, della tregua, e a quali condizioni, aleggia ormai sempre più insistentemente.
Rutte però ha voluto sgomberare il campo dalle distrazioni: "L'Ucraina ha bisogno di meno idee su come organizzare il processo di pace e di più aiuti militari, per far sì che quando deciderà di aprire i negoziati lo farà da una posizione di forza". Un messaggio che funziona sia per gli alleati sia, paradossalmente, per Kiev. Sibiha ha raccolto la palla al balzo e ha subito presentato il conto: servono 19 batterie di difesa aerea per evitare che Putin distrugga definitivamente la rete elettrica.
Detto questo, il ministero degli Esteri ucraino ha pubblicato un lungo documento in cui articola la sua posizione e lancia un appello ai firmatari occidentali del trattato di Budapest - Usa e Gran Bretagna - essenzialmente a fare ammenda. "Invitare l'Ucraina ad aderire alla Nato ora diventerà un efficace contrasto al ricatto russo e priverà il Cremlino delle sue illusioni sulla possibilità di ostacolare l'integrazione euro-atlantica dell'Ucraina". Sono argomentazioni valide.
Infatti il Cremlino ha controbattuto subito: "Per noi sarebbe semplicemente inaccettabile".
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