BRUXELLES - L'Europa sorride alla fine del regime di Bashar Assad, Donald Trump non cambia linea e annuncia che la sua America non si intrometterà. Le reazioni dell'Occidente al clamoroso cambio di potere in Siria raccontano le due visioni differenti che, sulle sponde dell'Atlantico, sono destinate a confrontarsi a partire dal gennaio prossimo. Il Medio Oriente, spesso al centro della politica estera di Barack Obama e Joe Biden, lo sarà meno per l'amministrazione Trump e il presidente eletto non ha perso occasione di lanciare i suoi strali contro le mosse dei predecessori democratici.
Eppure, in qualche modo, tutti dovranno avere a che fare con Abu Mohammed al-Jolani e il suo gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham, noto fino a qualche tempo fa con il nome di Fronte al-Nusra, affiliato ad al Qaida e inserito nella lista dei "terroristi globali" stilata dagli Usa. La vicinanza geografica, con il connesso rischio di nuove ondate migratorie, impone all'Ue di accendere i fari su cosa accadrà a Damasco. I vertici comunitari, Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas, hanno salutato la caduta di Assad come "una grossa opportunità" per il popolo ma hanno avvertito che la transizione "non sarà priva di rischi".
A far gola è soprattutto l'immagine di potenza ammaccata e friabile che, sulla crisi, Mosca ha mostrato di essere: quanto accaduto dimostra che "Mosca è debole", che "la Russia e i suoi alleati possono essere sconfitti", ha sottolineato il polacco Donald Tusk. Se ne parlerà al summit Ue del prossimo 19 dicembre, quando i leader proveranno a intavolare una prima strategia di sostegno alla Siria. Bruxelles da anni ha attivato un canale di aiuti per il popolo siriano ma ora è chiamata a dare anche un coté politico, tentando di avere un ruolo in una regione dove, finora, è stata pressoché assente. E dove cruciale sarà il dialogo tra Ue e Turchia, vincitore geo-politico del golpe siriano.
C'è da dire che, a Bruxelles, in pochi si aspettavano un simile epilogo per Assad. Nei consessi europei si era addirittura cominciato a parlare di favorire i rimpatri volontari in Siria, considerata parzialmente sicura. Il golpe dei riballi islamisti cambia tutto: i prossimi giorni diranno se l'Hts manterrà le sue promesse su una transizione pacifica, dato che potrebbe favorire il ritorno dei siriani in patria. Nel frattempo, Londra, Parigi e Berlino non hanno nascosto la propria soddisfazione. "È caduto finalmente uno Stato di barbarie", ha sottolineato Emmanuel Macron.
"La fine di Assad è un sollievo per milioni di siriani", ha chiosato la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock mentre a Berlino centinaia e centinaia di rifugiati siriani festeggiavano la fuga del tiranno. "La nostra priorità è garantire che prevalga una soluzione politica e che la pace e la stabilità siano ripristinate", hanno osservato Kallas e il premier britannico Ken Starmer. Gelido il silenzio di Viktor Orban, presidente di turno dell'Ue e fedele alleato di Mosca. L'Ungheria, nelle ore della fuga di Assad, si è limitata a smentire che il dittatore fosse volato a Budapest.
Negli Usa alla visione di Trump fa da contraltare quella di Joe Biden. "Finalmente Assad è caduto è un'opportunità storica per i siriani", ha detto il presidente americano sottolineando che "deve essere portato davanti alla giustizia e punito". "Gli Usa non dovrebbero farsi coinvolgere", era invece il monito di Trump, a poche ore dalla presa dei ribelli di Damasco. Poco dopo, su X, il presidente eletto rincarava la dose. "Questa non è la nostra battaglia. lasciate che si svolga", scriveva, ricordando il fallito impegno di Obama a far rispettare la linea rossa sull'uso di armi chimiche siriane. Nel testo, forse, Trump ha voluto anche inviare un messaggio a Vladimir Putin, con un'appendice messa nero su bianco: la rapidità del golpe in Siria è stata possibile perché la Russia, "impegnata in Ucraina dove ha perso oltre 600mila soldati, non è stata capace di proteggerla".
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