BRUXELLES - "Oggi siamo al fianco di tutti i siriani, nel Paese e nella diaspora, che sono pieni di speranza ma anche di coloro che temono un futuro incerto". La dichiarazione a nome dei 27 Paesi dell'Unione Europea - diffusa dall'alto rappresentante Kaja Kallas - è ancora fresca di posta elettronica quando dalle capitali già iniziano a fioccare, uno dopo l'altro, gli annunci di sospensione delle domane di asilo. I toni variano - l'Austria evoca le "espulsioni" mentre il Belgio assicura che chi si è "integrato" potrà restare - ma il messaggio appare chiaro: caduto Assad, scatta il giro di vite sulla protezione internazionale. E anche il governo italiano, in serata, opta per la sospensione dopo un vertice convocato a Palazzo Chigi dalla premier Giorgia Meloni.
I siriani, d'altra parte, per anni hanno occupato il primo posto nella lista delle nazionalità a cui veniva riconosciuto lo status di rifugiato, proprio a causa della sanguinosa guerra civile in corso, accompagnata dalla feroce repressione attuata dai vertici del regime. Nell'ultimo anno, però, si erano levate più voci - tra queste l'Italia - a favore di una normalizzazione dei rapporti con Damasco, anche per agevolare il rientro dei rifugiati in certe parti del Paese, considerate ormai sufficientemente stabili - operazione in realtà alquanto ardita dal punto di vista del diritto, secondo vari osservatori come Ong e agenzie internazionali.
L'Ue, attraverso un portavoce, ha sottolineato che, sebbene certi elementi facciano "ben sperare" - ad esempio la fiumana di siriani che rientrano in patria dai Paesi confinanti - è "troppo presto ancora" per valutare "gli effetti sulla dimensione migratoria". "Il rientro o meno nel Paese è una decisione individuale, per ora giudichiamo che non ci siano le condizioni per rimpatri sicuri e dignitosi in Siria", ha però precisato il portavoce. Intanto le capitali varano il primo passo, la sospensione appunto delle domande di asilo, e restano in attesa degli sviluppi sul campo temendo pure il fenomeno opposto, ovvero la ripresa dei flussi migratori se gli scontri tra fazioni dovessero avere la meglio.
La prima a muoversi è stata la Germania, seguita da Austria e Belgio; poi i Paesi scandinavi e Parigi; infine Londra e la Svizzera. L'Olanda pare molto incline ad aggiungersi presto. La premier Meloni ha invece convocato una riunione sulla situazione in Siria, con i ministri competenti e i vertici dell'intelligence. "In un momento in cui i combattimenti ancora proseguono in alcune regioni della Siria, abbiamo ribadito l'assoluta priorità attribuita all'incolumità dei civili e alla necessità di assicurare una transizione pacifica e inclusiva", si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi, in cui si comunica la sospensione delle richieste di asilo "analogamente a quanto fatto da altri partner europei". Filippo Grandi, commissario dell'Unhcr, ha avvertito dal canto suo che "saranno necessarie pazienza e vigilanza" prima che si possa arrivare a "ritorni volontari, sicuri e sostenibili".
Sul fronte europeo la prima data utile per tentare un minimo di coordinamento è giovedì prossimo, nel corso del Consiglio Affari Interni, dove la Siria sarà affrontata a pranzo. Ma si tratta di una prima discussione informale. Poi sarà la volta del Consiglio Affari Esteri e del Consiglio Europeo della prossima settimana. L'evoluzione dello scenario siriano s'interseca con il dibattito in corso tra i 27 sul concetto di Paese terzo sicuro, che ha ricadute importanti ad esempio sul tema dei rimpatri. Lo scorso venerdì al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) vi è stato un primo giro di tavolo sulla questione, che sarà poi affrontata più in profondità - spiega una fonte europea - "nella prima parte del 2025".
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