(di Michele Esposito)
Una nuova direttiva sui rimpatri
entro marzo per imprimere una svolta anche al concetto di Paese
sicuro. Ursula von der Leyen, nell'ormai tradizione lettera
sullo stato dell'arte della politica migratoria ai 27, ha
confermato la linea dura della nuova Commissione cementificando
l'asse sui flussi instauratosi ormai da mesi con il governo di
Giorgia Meloni. Il messaggio della presidente della Commissione
nella sua missiva e le comunicazioni della presidente del
Consiglio alla Camera, arrivati pressoché parallelamente, di
fatto preannunciano un'azione omogenea tutta concentrata sulla
chiusura ai flussi illegali.
Von der Leyen, da qualche tempo, ha trasformato la sua
lettera sulla migrazione ai leader in una sorta di dichiarazione
di intenti. Il tema, al summit Ue che si terrà giovedì a
Bruxelles, non sarà centrale anche se troverà posto nelle
conclusioni finale. E la presidente dell'esecutivo comunitario
ha confermato come su tre punti - la nuova direttiva sui
rimpatri, la revisione della definizione di Paese sicuro, il
possibile utilizzo di hub per i rimpatri in Paesi terzi - la
Commissione vuole procedere spedita. Entro il Consiglio europeo
di marzo Palazzo Berlaymont proporrà le nuove regole sui
rimpatri per renderli "più semplici, più rapidi e più
efficienti", ha spiegato von der Leyen, assicurando una modifica
anche nei parametri per la definizione di Paesi che - ha
anticipato - dovranno essere più flessibili. E, in questo senso,
potrebbe rientrare anche quella modifica voluta da Meloni
secondo la quale un Paese può essere sicuro anche se non lo è
nella sua interezza.
Il punto è dirimente perché ha impatto sul giudizio della
Corte di Giustizia Ue e quindi anche quello dei tribunali
nazionali. Il tema "è stato oggetto di recenti provvedimenti
giudiziari dal sapore ideologico che se fossero confermati nella
loro filosofia di fondo dalla Corte di giustizia Ue
rischierebbero di compromettere almeno fino all'entrata in
vigore delle nuove regole Ue, nel 2026, le politiche di
rimpatrio, una prospettiva preoccupante e inaccettabile che
occorre prevenire con determinazione", ha attaccato Meloni che
sui centri in Albania non ha alcuna intenzione di fare passi
indietro.
Certo è difficile che le regole siano cambiate prima della
primavera 2025, quando è attesa la sentenza della Corte di
Lussemburgo sui rinvii pregiudiziali partiti dai tribunali di
Roma, Bologna e Palermo che hanno sospeso i trattenimenti dei
migranti in Albania. Ma, anche sull'idea degli hub nei Paesi
terzi sicuri, von der Leyen mostra di essere in linea con
Meloni. "Ne esamineremo gli aspetti legali, operativi e
pratici", ha spiegato la numero uno dell'esecutivo Ue.
Di questi temi è possibile che se ne torni a parlare non solo
al summit Ue ma anche alla possibile riunione ristretta che,
come è accaduto a ottobre, giovedì mattina potrebbe precedere il
summit. Un incontro tra Paesi cosiddetti like-minded, guidati
dal Ppe, da Ecr o dai Patrioti e pronti a mettere all'angolo i
(pochi) governi socialisti e liberali rimasti in carica. Ma
nelle prossime settimane la Commissione proseguirà anche sulla
strada degli accordi con i Paesi terzi per fermare i flussi
all'origine aumentando il livello di cooperazione con l'Ue. A
fine gennaio dovrebbe toccare alla Giordania, subito dopo al
Marocco. Nel frattempo, in missione dal presidente turco Recep
Tayyp Erdogan, von der Leyen ha annunciato l'esborso di un
miliardo entro l'anno per la gestione dei rifugiati. E sullo
sfondo c'è il dossier del rientro volontario dei siriani dopo la
caduta di Assad, tema centrale del summit di giovedì.
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