(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Un nuovo attacco russo, con
missili ipersonici e balistici, ha colpito Kiev provocando la
morte di almeno una persona, una dozzina di feriti e danni
ingenti ad un edificio del centro che ospita diverse ambasciate,
compresa la missione portoghese nella capitale ucraina.
Immediato il coro di critiche, dalle capitali interessate, alla
Nato e all'Unione Europea. Il palazzo è stato investito dai
frammenti dei razzi intercettati dalla contraerea, forse proprio
un Samp-T fornito dall'Italia. La guerra, insomma, continua ad
imperversare sullo sfondo - per così dire - delle passerelle
diplomatiche dei giorni scorsi. Con una novità: Donald Trump -
riporta il Financial Times - sarebbe incline a continuare a
fornire le armi all'Ucraina, se vengono però rispettate certe
condizioni.
Resta dunque confermata l'atmosfera di base di questa fase
del conflitto: i russi spingono il più possibile, gli ucraini si
difendono strenuamente, l'Europa balbetta aspettando di capire
cosa farà il tycoon e (soprattutto) cosa le chiederà di fare. I
razzi, intanto, non si fermano. A salvare le ambasciate, ha
riferito il ministro della Difesa Guido Crosetto, probabilmente
è stato "quel sistema prettamente difensivo che per alcuni
osservatori ed esponenti presenti nel nostro Parlamento non
doveva essere inviato perché così si sarebbe arrivati prima alla
pace". Ma non è solo Kiev a patire i colpi russi. Altre vittime
si sono registrate nella città fluviale di Kherson, che è
oggetto di bombardamenti quotidiani da parte dei russi.
Le forze armate russe sostengono di aver lanciato il raid -
con missili balistici Iskander e ipersonici Kinzhal - in
"risposta" a quello che dicono essere stato un attacco di Kiev
con missili americani Atacms e britannici Storm Shadow sulla
regione russa di Rostov sul Don. Le ambasciate coinvolte
nell'episodio sono quelle di Albania, Argentina, Palestina,
Macedonia del Nord, Portogallo e Montenegro. Non solo.
"L'attacco missilistico russo ha distrutto anche il Centro ceco
di Kiev, fortunatamente nessuno è rimasto ferito", ha reso noto
su X il primo ministro di Praga, Petr Fiala. "Mosca - ha
aggiunto - attacca quotidianamente persone innocenti e non si
fermerà davanti a nulla, ecco perché dobbiamo fare di tutto per
fermare la sua politica aggressiva".
A questo punto la domanda è lecita: casualità o attacco
deliberato? L'episodio segue infatti l'uccisione a Mosca del
generale Igor Kirillov da parte dei servizi ucraini, che ha
suscitato l'ira del Cremlino. "Ora i funzionari Nato sono
obiettivi legittimi", aveva subito ammonito l'ex presidente
Dmitri Medvedev.
La notizia del raid di oggi "viene ripresa" da tutti i media,
ha osservato Crosetto, perché ad essere "coinvolte" sono state
delle ambasciate. "Quando sono colpite le case, le scuole, gli
ospedali, le centrali energetiche ucraine, invece, la cosa non
fa ormai più scalpore perché accade ininterrottamente da oltre
1050 giorni". Che il conflitto sia durato "sin troppo" -
copyright del cancelliere tedesco Olaf Scholz - è consapevolezza
diffusa e condivisa, eppure da sola non basta a strappare quella
"pace giusta" essenziale per chiudere la partita. "Ho parlato
con il presidente russo e gli parlerò ancora", ha ribadito
Scholz nel corso di una conferenza stampa a Berlino con il
premier estone Kristen Michal, sottolineando che l'obiettivo dei
colloqui con Vladimir Putin è sempre quello di "porre fine alla
guerra e fermare l'aggressione russa" all'Ucraina.
Scholz e Michal hanno esortato i partner occidentali ad
aumentare gli aiuti militari in favore di Kiev. "Sono necessari
ulteriori sforzi da parte di quanti più Stati membri dell'Ue
possibile", ha spiegato Scholz menzionando in particolare la
difesa aerea e le munizioni di artiglieria. Il socialista è in
campagna elettorale e vuole presentarsi ai tedeschi come il
candidato della pace, ovvero come colui capace di mettere fine
al conflitto senza un'escalation con Mosca (ovvero il Santo
Graal che tutti vanno cercando da tre anni). Berlino però sinora
ha messo sul piatto - dati del Kiel Institute - oltre 13
miliardi per l'Ucraina: una cifra consistente, seconda solo agli
Usa, che le permette di alzare la voce.
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