(di Valentina Brini)
Con le valigie ormai pronte, Joe
Biden mette sul tavolo un maxi pacchetto, forse l'ultimo, di
aiuti a Kiev per cercare di dissipare le ombre di un possibile
stop del sostegno con l'imminente arrivo di Donald Trump: un
imponente lasciato da 2,5 miliardi di dollari, il più corposo
dall'aprile scorso, pensato per garantire supporto immediato e a
lungo termine. Un sostegno che "arriva in un momento decisivo",
ha sottolineato Volodymyr Zelensky, senza mancare di
sottolineare che, nonostante la volontà del Cremlino di dettare
la linea sulla fine del conflitto - con i proclami di Vladimir
Putin liquidati come "parole vuote" da Washington - Mosca sta
"intensificando i suoi attacchi brutali". Ma da oltreoceano è
arrivata dritta per lui la stoccata del prossimo Doge Elon Musk,
che ha bollato il presidente ucraino come il "campione di furti
di tutti i tempi".
L'ultimo pacchetto dell'era Biden si compone di 1,25 miliardi
di dollari dalle riserve del Pentagono e altri 1,22 miliardi
stanziati attraverso la Ukraine Security Assistance Initiative.
"Ho dato istruzioni alla mia amministrazione di incrementare
l'assistenza a Kiev il più rapidamente possibile", ha
sottolineato il Commander-in-chief, illustrando un piano che
combina il rilancio della base industriale della difesa per
rifornire le scorte con armi di nuova generazione e la fornitura
di droni, munizioni per lanciarazzi multipli Himars, missili a
guida ottica, sistemi anticarro, munizioni aria-aria e pezzi di
ricambio per veicoli terrestri per rafforzare le linee ucraine
durante l'inverno e mantenere alta la pressione sul campo di
battaglia.
La diplomazia intanto va avanti in attesa del 20 gennaio:
Mosca ha confermato lo scambio di 300 prigionieri con Kiev, reso
possibile grazie alla mediazione degli Emirati Arabi. Ma il
Cremlino punta ad arrivare al cambio della guardia alla Casa
Bianca in una posizione di forza: il dialogo con Donald Trump si
preannuncia tutt'altro che agevole anche nelle parole del
ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov che ha respinto con
fermezza le ipotesi di tregua proposte dal futuro inquilino
della Casa Bianca, ribadendo la volontà di Mosca di puntare a
una pace che sancisca il pieno controllo sui territori
conquistati.
Anche a Bruxelles, dove cresce l'ansia per le possibile nuove
turbolenze sul mercato del gas, nessuno si illude su un rapido
successo del futuro negoziato tra Putin e Trump. La grande crisi
energetica del continente del 2022, con depositi vuoti e prezzi
alle stelle, sembra ormai lontana, ma i segnali fanno tremare la
squadra di Ursula von der Leyen e i Ventisette: l'imminente
scadenza (il 31 dicembre) del contratto per il transito del gas
russo attraverso l'Ucraina, combinata ai ricatti di Trump e alle
minacce del Qatar, sta già spingendo i prezzi al rialzo, con le
quotazioni al Ttf di Amsterdam che si mantengono sotto i 47 euro
al megawattora, ben lontano dai 300 dell'estate 2022 ma vicino
alla soglia dei 50 euro che inizia a destare preoccupazioni.
Quanto basta per riaccendere le tensioni tra i governi, con la
Slovacchia di Robert Fico e l'Ungheria di Viktor Orban, teste di
ponte del Cremlino nel cuore dell'Europa, impegnate a giurare
vendetta nei confronti di Zelensky. Kiev, nonostante incassi dal
contratto con Mosca quasi un miliardo di euro all'anno in
commissioni, ha chiuso la porta all'idea di prorogare l'accordo
trovando la sponda di Bruxelles, determinata ad azzerare le
forniture russe entro il 2027. Un altro fronte caldo sul quale
si aspetta l'arrivo di Trump, che ha già svelato il suo ricatto:
evitare nuovi dazi commerciali sarà possibile solo a patto che
il continente aumenti gli acquisti di petrolio e gnl dagli Stati
Uniti. Ursula von der Leyen per ora ha fatto buon viso a cattivo
gioco, annunciando l'intenzione di incrementare le importazioni
di gas liquefatto americano. Ma il conto da pagare si
preannuncia salato per un nuovo capitolo della complessa partita
energetica europea.
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