(di Mattia Bernardo Bagnoli)
Prima Elon Musk, poi Mark
Zuckerberg. Quasi una manovra a tenaglia. Il primo destabilizza
l'Europa prendendo di mira capi di Stato e di governo nei suoi
post e spinge i movimenti di estrema destra, il secondo -
sull'onda di una conversione tardiva al trumpismo - si scaglia
contro l'eccessiva regolamentazione dell'Unione Europea ed evoca
persino la censura. L'Ue non vuole alzare i toni, pur vedendo le
nubi addensarsi all'orizzonte. Non è il suo stile, diciamo.
Eppure tocca marcare il territorio: "La moderazione dei
contenuti - nota Bruxelles - non significa censura".
"La libertà di espressione è al centro del Digital Services
Act (Dsa), che stabilisce le regole per gli intermediari online
per contrastare i contenuti illegali, salvaguardando la libertà
di espressione e d'informazione online: nessuna disposizione del
Dsa obbliga le piattaforme a rimuovere i contenuti leciti",
dichiara all'ANSA un portavoce della Commissione Europea in
risposta alle accuse del patron di Facebook. Il Digital Services
Act insomma non è il diavolo né, tantomeno, un bavaglio
orwelliano, semmai un giusto compromesso per dar vita ad
un'esperienza online "più equa e rappresentativa", rispettando
la diversità e l'individualità di tutti gli utenti, anche (e
soprattutto) affrontando "i pregiudizi negli algoritmi di
raccomandazione". In pratica la condanna della bolla, che però
genera traffico e interazioni.
Sul fronte Musk Parigi sta alzando i toni. Il ministro degli
Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha esortato la Commissione
Europea - che per ora ha appunto scelto un profilo basso per
"non alimentare le polemiche" - ad agire "con la più grande
fermezza", immaginando persino la "sospensione del servizio",
già prevista dalle leggi comunitarie. "O la Commissione applica
le norme che ci siamo dati per proteggere il nostro spazio
pubblico, o non lo fa, ma allora dovrà restituire agli Stati
membri dell'Ue, e dunque alla Francia, la capacità di farlo:
dobbiamo svegliarci", ha tuonato. Ad affiancarsi è pure il
premier spagnolo Pedro Sanchez. Con affermazioni durissime. "Il
fascismo - ha dichiarato - è già la terza forza politica in
Europa e l'internazionale dell'ultradestra, guidata dall'uomo
più ricco del pianeta, attacca apertamente le nostre
istituzioni, attizza l'odio, fa appello ad appoggiare gli eredi
del nazismo in Germania alle prossime elezioni".
Resta da vedere cosa decideranno di fare i 27. Al momento, a
quanto si apprende, il tema non sarà affrontato al Comitato dei
rappresentanti permanenti di domani, il primo del 2025.
L'attività più frenetica si riscontra nelle capitali. Domani, ad
esempio, ci sarà una visita lampo a sorpresa nel Regno Unito del
presidente francese Emmanuel Macron, che sarà ricevuto dal
premier britannico Keir Starmer, colpito da una violenta
campagna di denigrazione su X - istigata da Musk - per il
presunto insabbiamento dello scandalo degli stupri collettivi ai
danni di bambine e ragazze avvenuti in alcune comunità
pachistane dell'Inghilterra del nord, roccaforti elettorali del
Labour. L'agenda ufficiale dell'incontro si concentra su altro
ma ormai non può che saltare all'occhio come (quasi) tutte le
principali capitali d'Europa - Londra, Parigi, Berlino e Madrid
- si siano schierate contro il neo-oligarca sudafricano, a breve
membro a tutti gli effetti dell'amministrazione americana. Musk,
ha detto invece il segretario di Stato Usa Antony Blinken, "si
esprime da privato cittadino e ha il diritto di esprimere le
proprie opinioni, come ogni americano".
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