(di Michele Esposito) Parigi, Berlino e Bruxelles, sponda Nato: dopo la telefonata di fuoco avuta nei giorni scorsi con Donald Trump la premier danese Mette Frederiksen ha deciso di correre ai ripari e assicurarsi che, se il caso Groenlandia dovesse clamorosamente aggravarsi, non sarà sola al cospetto degli Stati Uniti.
Le parole di Trump sull'annessione della regione autonoma danese, a Copenaghen, ormai sono prese molto sul serio.
E, in vista delle elezioni groenlandesi previste ad
aprile, sulle quali si addensa l'ombra dell'ingerenza
dell'amministrazione americana, il governo danese cerca di
serrare le fila attorno alla sua posizione.
In dodici ore Frederiksen ha messo in campo un mini-tour
europeo che, ha spiegato la stessa premier, le ha permesso di
toccare con mano il "grande sostegno" di due delle principali
cancellerie europee. "E' assolutamente necessario rispettare il
territorio e la sovranità degli Stati, che è un elemento
essenziale della comunità internazionale, di questa comunità
internazionale che abbiamo costruito insieme dalla Seconda
guerra mondiale", ha sottolineato Frederiksen dopo l'incontro
con il presidente Emmanuel Macron all'Eliseo. Poco prima, a
Berlino, il cancelliere Olaf Scholz era tornato ad affermare
chiaramente che "i confini non possono essere spostati con la
forza".
Il quartiere generale Nato è stata l'ultima tappa del
mini-tour di Frederiksen. Quella meno semplice, forse, vista la
posizione a dir poco delicata di Mark Rutte, alle prese con una
difficile mediazione tra gli Usa di Trump e l'Europa, e non
certo solo sul caso Groenlandia. Il segretario generale della
Nato ha scelto la linea della massima prudenza, nel presentare
l'incontro con Frederiksen. "Abbiamo discusso di come stiamo
lavorando insieme per migliorare la sicurezza nel Mar Baltico,
sostenere l'Ucraina e investire di più nella difesa, anche nel
Grande Nord", sono state le sue parole su X. Una prudenza che,
parlando con i giornalisti a Bruxelles, anche Frederiksen ha
scelto di abbracciare. "Non ho motivo di credere che ci sia una
minaccia militare contro la Groenlandia o la Danimarca", ha
infatti dichiarato. Sul caso Groenlandia, del resto, l'Ue sin
dall'inizio ha scelto di tenere un basso profilo, applaudito tra
l'altro anche da Rutte. E non è un caso che a nessuno dei tre
incontri della premier danese sia seguito un punto stampa
congiunto con il suo interlocutore.
Al di là della forma, tuttavia, il tema c'è ed è strettamente
legato all'imprevedibilità di Trump. Il ministro degli Esteri
danese Lars Lokke Rasmussen è tornato a ribadire che il futuro
della Groenlandia sarà deciso dal suo popolo. "Trump non
l'avrà", ha tuonato da Copenaghen. Martedì, la Danimarca ha
annunciato un piano da 2 miliardi di euro per rafforzare la
sicurezza dell'Artico, che tra le mire di Cina e Russia e le
esternazioni di Trump, rischia di veder evaporare la propria
stabilità. Una buona notizia, per la Danimarca, potrebbe però
essere arrivata dal primo colloquio telefonico di alto livello
tra Ue e Usa, quello tra l'Alto Rappresentante Kaja Kallas e il
segretario di Stato Marco Rubio. Un colloquio focalizzato sugli
interessi comuni di Washington e Bruxelles, a cominciare
dall'esercitare "una massima pressione" su Mosca. "Insieme siamo
più forti", ha sottolineato Kallas provando a diradare le nubi
nere che aleggiano sull'alleanza transatlantica.
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